Tutto più facile e tranquillo quando c’è un’intesa bipartisan. Il governo decide di fare qualcosa, l’opposizione annuisce, poi le parti si invertono e tutto si concretizza in tempi record. Applausi a scena aperta: Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia felicemente insieme senza intoppi, senza critiche per farsi trovare pronti in caso che la Cina diventi ancora più minacciosa. I giornali, radio e televisioni parlano dell’affare del secolo nel campo della Difesa e di un salto di livello in fatto di armamenti che i tempi richiedono: i sottomarini nucleari si preparano ad approdare anche in Australia, che entra così nella ristretta élite del mondo atomico. Tutti sorridenti, tutti convinti di essere nel giusto: laburisti e liberali, in questo caso, talmente sintonizzati che non c’è stato bisogno di alcun dibattito in merito. Un mare di miliardi per allargare la flotta americana, potenziare l’industria navale britannica e, fra una ventina d’anni, costruire qualche sommergibile inglese anche ad Adelaide.

E’ stato l’ex primo ministro Paul Keating a rovinare la festa: l’ha fatto naturalmente a modo suo, con lo stile di sempre che alcuni apprezzano e molti di più detestano. Parole taglienti, pesanti critiche dirette con nomi e cognomi, sarcasmo, ma tre o quattro giorni dopo lo storico annuncio di San Diego tra bandiere, bande e uniformi, come solo gli americani sanno fare, le considerazioni dell’ex Pm hanno cominciato a far riflettere più di qualcuno e il livello generale di entusias mo per l’accordo AUKUS è calato notevolmente. Alcune delle domande che si è fatto Keating,mercoledì pomeriggio al Circolo nazionale della stampa di Canberra, hanno cominciato a farsele anche alcuni commentatori. E l’AUKUS è diventato un po’ meno brillante come conseguenze e ragioni di spesa. 

La Cina sta potenziando a pieno ritmo il suo arsenale militare, un fatto inequivocabile che sta mettendo in allarme mezzo mondo. E l’approccio, nei toni e nelle intenzioni, sempre più autoritario del suo presidente Hi Jinping , che è riuscito ad assicurarsi il ruolo a vita, non sono certo particolarmente rassicuranti, tanto che la questione di Taiwan sembra stia diventando sempre più vicina ad una pericolosa soluzione dalle imprevedibili conseguenze. Ed è proprio per questo che il patto AUKUS assume particolare rilevanza e fa scattare l’ipotesi, sollevata da Keating, di forti vantaggi per americani e britannici, con Canberra che si ritrova  - senza alcun vero dibattito in merito -, automaticamente coinvolta in un cambio di strategia militare dettato dagli alleati. 

Dall’idea di un rinnovamento della sua flotta di sommergibili, abbracciando il nucleare (almeno per quello che riguarda la propulsione), per tradizionali motivi di ‘difesa dei propri confini’, si è passati ad una posizione di azione permanente, con lunghi mesi di immersione a più vicina distanza possibile dalle coste cinesi e lungo le tradizionali rotte commerciali,  della mini-flotta di sommergibili americani e inglesi (prima di arrivare fra qualche decennio ai ‘made in Australia’), che avranno la loro base nel Western Australia.
Va bene che Peter Dutton, da ministro della Difesa, aveva già anticipato che in caso di ‘invasione’ cinese a Taiwan e di un eventuale coinvolgimento americano sarebbe stato inconcepibile pensare che l’Australia non fosse intervenuta a fianco degli alleati di sempre, ma ora qualsiasi rimanente dubbio al riguardo è svanito. Keating ha apertamente criticato Albanese dicendo che, completando il lavoro iniziato da Scott Morrison, ha chiuso l’ultimo anello della lunga catena che Washington ha stretto militarmente attorno alla Cina. Il Paese è diventato, secondo l’ex leader laburista, non più un alleato come lo è sempre stato con una certa indipendenza decisionale, ma un alleato vassallo degli Usa nell’Indo-Pacifico.   

Keating ha anche ragione di sottolineare l’insolita velocità con cui si è arrivati, da parte laburista, a questa storica (secondo lui per i motivi sbagliati) intesa. Albanese - ha ricordato l’ex Pm - è stato informato, quando era leader dell’opposizione, solo il pomeriggio prima di quanto Scott Morrison avrebbe annunciato il giorno dopo a proposito dell’abbandono del progetto francese sulla nuova flotta di sottomarini e sull’accordo già raggiunto con Joe Biden e l’allora primo ministro britannico Boris Johnson sulla creazione del progetto AUKUS. La mattina dopo, senza alcuna consultazione con il consiglio di gabinetto del partito e una necessaria analisi della proposta secondo le informazioni di intelligence – ha fatto osservare Keating -, Albanese ha sottoscritto il progetto. Una scelta strettamente politica per evitare qualsiasi tipo di rischio elettorale nel campo della sicurezza nazionale. Niente armi in più per Morrison. 
Ora, a parti invertite, sono i laburisti che dettano le regole e la Coalizione offre il suo appoggio incondizionato. Ecco allora quello che il ministro della Difesa, Richard Marles, definisce un colpo da maestro: l’acquisto, concordato con Washington, dei sommergibili nucleari di ultima generazione (che Keating invece interpreta come un’estensione della flotta Usa, a spese dell’Australia) e Albanese gongola per le opportunità di impiego che arriveranno per accompagnare il maxi-investimento militare, specie per quello che riguarda la seconda fase, negli anni ’40,  quando ad Adelaide si lavorerà sul nuovo progetto inglese dei sommergibili SSK-AUKUS, il primo di quali, costruito nei cantieri della BAE System, sarà consegnato alla fine degli anni ’30. Nel frattempo, rimodernamento delle infrastrutture navali e cantieristiche e addestramento del personale: una pioggia di miliardi da inserire nel bilancio, sempre fuori discussione, della Difesa, con almeno tre destinati agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna per a sostenere le spese supplementari legate alla vendita dei loro sottomarini all’Australia.  

La spesa inziale, comunque, secondo un altro euforico ministro per l’intesa raggiunta, il responsabile del Tesoro Jim Chalmers, sarà praticamente nulla: ‘solo’ nove miliardi in preventivo nei primi quattro anni che saranno però completamente coperti dai risparmi generati dall’abbandono del contratto per i sommergibili francesi (sei miliardi) e dalle susseguenti spese che erano state preventivate nel campo dei servizi per la Difesa (tre miliardi). Nei primi dieci anni del progetto AUKUS la spesa complessiva sarà di 58 miliardi, poi tutto da vedere, anche se è stato indicato un budget complessivo di 368 miliardi. Numeri ribaditi ieri, in un’intervista televisiva (sul programma Insiders dell’Abc), dal ministro della Difesa e vice primo ministro Richard Marles che ha sottolineato sia l’importanza di questo accordo sia, soprattutto, il fatto che nulla cambierà per ciò che riguarda i rapporti con l’America e la completa indipendenza decisionale in campo militare di Canberra con quelli che diventeranno i ‘suoi’ sommergibili. ‘L’Australia, ha fatto rilevare Marles, già usa vari armamenti americani (basti pensare ai caccia F35)  e non per questo ha ceduto a Washington la sua completa autonomia nell’uso e nelle circostanze d’uso e nulla cambierà con i sottomarini’.

Il vice primo ministro ha anche ribadito che non cambia, nonostante i dubbi sollevati da Keating e da alcuni osservatori, la strategia militare basata esclusivamente sulla difesa dei confini e degli interessi australiani: quindi protezione soprattutto delle rotte commerciali, data la quasi completa dipendenza economica del Paese dal traffico marittimo. E per sfatare qualsiasi altra congettura e teoria di ‘dipendenza’ legata all’AUKUS e alla questione di Taiwan, Marles ha cercato di prendere le distanze dall’inevitabilità di un coinvolgimento dell’Australia in caso di intervento Usa, assicurando il tutto da vedere e nulla di garantito. Vero in teoria, non vero in pratica: Dutton in questo caso ha purtroppo ragione, ma i sommergibili del patto AUKUS effettivamente non c’entrano nulla. Pechino, infatti, potrebbe decidere di agire anche molto prima di qualsiasi consegna dei primi US Virginia atomici e se Washington decidesse di fare qualcosa, Canberra, come sempre (al contrario della Gran Bretagna che in Vietnam non ci è andata e del Canada che ha rifiutato di aggregarsi nella guerra in Iraq) non rifiuterebbe il suo aiuto (la base di Pine Gap è già usata dagli Usa per il monitoraggio della Cina) e l’avrebbe fatto anche senza l’AUKUS.