In un centro commerciale un po’ datato di West Heidelberg, dove le insegne raccontano di un’altra epoca, il negozio di scarpe aperto nel 1958 continua a essere un punto di riferimento per chi cerca calzature comode, compatibili con plantari ortopedici e, soprattutto, scelte con cura.
Dietro il bancone c’è Rona McLaughlan, che da 50 anni si occupa di questo lavoro con grande dedizione. “Ho lasciato l’industria dell’abbigliamento negli anni 70’ – racconta –. Ho chiuso la mia fabbrica dopo 10 anni e ho avuto l’opportunità di entrare nel settore delle calzature, un’attività che i miei suoceri avevano costruito. Loro avevano diversi negozi, quello che abbiamo oggi era già stato pensato per diventare un negozio di scarpe. Quando sono andati in pensione, io e mio marito abbiamo fatto il passaggio di testimone”.
Rona ha vissuto la sua giovinezza a East Brunswick, nel cuore della comunità italiana, con la quale entra subito in sintonia. “Eravamo gli unici australiani nella via. Erano gli anni dell’immigrazione dopo la guerra e il sabato mattina frequentavo lezioni di italiano. Mi sentivo a casa: parlavo con le mani, cucinavo gnocchi, nutrivo mio marito di pasta al pomodoro, quando fra australiani non era affatto comune”, ricorda.
Il negozio è nato prima ancora che esistesse il centro commerciale. “Lo hanno chiamato McLaughlan Shoes, come il cognome di mio marito. Io dico sempre che ho sposato ‘l’uomo delle scarpe’”, aggiunge con ironia. Un soprannome che Rona ha coniato per il marito, Ian McLaughlan, perché sulla neve aiutava tutti a sistemare gli scarponi da scii.
Fra i ricordi più curiosi di questi decenni, ci sono anche i volti noti che hanno varcato la porta del negozio. “Ho servito tanti personaggi famosi – asserisce con un certo orgoglio –. Anche il Primo ministro è venuto qui una volta e diversi politici locali. John Kane, premier del Victoria, veniva sempre da noi a comprare le sue scarpe. Una volta mi disse, ‘Mi hanno detto che devo venire qui a prenderle’. Da allora tenevamo sempre pronte per lui un paio di Slatters numero otto. Era un cliente affezionato”.
Oggi l’attività è specializzata in plantari, scarpe per anziani e per chi ha esigenze particolari, ma anche in sneakers bianche e modelli di tendenza per i clienti più giovani. “L’aspetto estetico viene prima di tutto, ma il comfort è imprescindibile. Abbiamo scarpe Cloud, modelli Cabello prodotti in Portogallo. La gente ci trova su Google, ci dà cinque stelle, ma deve entrare in negozio: qui si viene per provare”.
Il segreto è proprio il servizio personalizzato, raro in un’epoca in cui il commercio si sposta sempre più online. “I clienti si siedono e noi capiamo di cosa hanno bisogno. È quasi un lavoro da scienziati forensi: osserviamo la forma del piede, ascoltiamo la storia della persona e troviamo la scarpa giusta. Quando qualcuno arriva con un dolore e va via sorridendo, per me è una vittoria”.
Questa attenzione ha creato un legame profondo con la clientela. “Ho maturato amicizie che durano da anni – aggiunge Rona –. Vedo gente ovunque che indossa le nostre scarpe. Una volta un chirurgo ortopedico ha mandato qui una paziente con dolori alla schiena e le ha detto, ‘Se trovi buone scarpe, forse eviti l’operazione’. E così è stato”.
La sfida più grande, negli ultimi tempi, non è stata economica, ma personale. “Tre anni fa ho perso mio marito. È stato devastante. Ma i clienti mi hanno sostenuta: ognuno aveva una storia da raccontare”.
Eppure, per Rona, l’inizio non è stato semplice: “I primi mesi sono stati uno shock: venivo dal mondo della moda, dove vestivo le persone con abiti bellissimi e mi sono trovata in un ambiente disordinato. Ma ho imparato ad apprezzare la sincerità e l’integrità della gente del posto”.
Con il tempo quello che sembrava un salto nel buio è diventato la sua dimensione naturale e oggi Rona conosce a memoria le abitudini dei suoi clienti e il modo in cui il settore è cambiato.
Proprio per questo, pur riconoscendo l’evoluzione del commercio, non ha fretta di spostarsi sul digitale.
“È difficile [comprare scarpe] senza provarle – asserisce –. Ci vogliono anni per imparare a capire cosa serva a ciascuno. Inoltre bisogna guardare le scarpe che una persona indossa per farsi un’idea del suo stile. Poi lavoriamo insieme per trovare la soluzione giusta”.
Il futuro resta aperto. “Il business è solido, ma il centro commerciale è vecchio e servirebbe più passaggio. Forse un giorno porteremo il negozio altrove. Per ora resto qui: dopo 50 anni questo è il mio posto, conosco tutti, e la gente sa che qui troverà scarpe che hanno il potere di cambiarti la giornata”.