ROMA – Giorgia Meloni si dice d’accordo con il ministro Guido Crosetto e si unisce alla richiesta di ritiro dell’emendamento alla Manovra che aumenta lo stipendio di ministri e sottosegretari non parlamentari.  

La premier approfitta di una domanda sollevata nel corso del dibattito alla Camera sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo per chiarire la posizione del governo sul caso. 

Meloni, nei giorni scorsi, ha assistito con grande “irritazione” – viene riferito da chi ci ha parlato – alle polemiche per l’emendamento apparso nel percorso parlamentare della legge di bilancio. Grave, per lei, che di tutta la manovra emergesse nel dibattito e sui media solo questo aspetto, che certo non contribuisce ad accrescere il consenso per l’esecutivo.  

“Non credo che l’attenzione sulla legge di bilancio che abbiamo varato, che concentra risorse su famiglie e redditi medio bassi, debba essere spostata da una norma del genere”, ha infatti detto alla Camera.  

Una mossa in difesa che, però, ha subito rivelato una frecciata nei confronti del Movimento 5 stelle. 

“Eviterei di farmi dare lezioni dai colleghi del M5s, perché è possibile che questa norma non vada bene, ma detto da quelli che hanno speso soldi degli italiani per dare 300mila euro l’anno a Beppe Grilo anche no…”, è l’affondo della premier. 

Ieri sera, dopo ore di stallo, Meloni aveva fatto intervenire il ministro della Difesa Guido Crosetto per chiedere il ritiro del provvedimento, obiettivo solo in parte raggiunto. Dopo ore di sospensione dei lavori della commissione, infatti, il testo è stato riformulato dai relatori, e nella norma resta un fondo da 500mila euro, per il rimborso delle spese di trasferta dei ministri non eletti.  

In particolare, la norma prevede che i ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma “hanno il diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”.  

Per questo scopo verrebbe istituito dal 2025 un fondo da 500mila euro presso la Presidenza del Consiglio, le cui risorse sono destinate alle amministrazioni interessate con un Dpcm su proposta del ministro dell’Economia.  

Modificata anche la cosiddetta norma “anti-Renzi”, contenuta nello stesso emendamento, che prevedeva che parlamentari e presidenti di Regione potranno ricevere compensi, contributi o prestazioni da soggetti pubblici o privati non aventi sede operative nell’Unione Europea o nello spazio europeo, solo con autorizzazione dell’ente di appartenenza, e mai superiori a 100mila euro l’anno. Nell’ultima formulazione sparisce il divieto di ricevere compensi dall’estero per i membri del governo non parlamentari.