ROMA - “Non ritengo di dovermi difendere dalla previsione di rappresentare un limite o un problema per la libertà di stampa”, ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aprendo la conferenza stampa di fine 2024 - ormai di inizio 2025 - e citando l’intervento del presidente dell’Ordinbe dei giornalisti, Carlo Bartoli, che l’ha preceduta.  

La premier si dice infatti “stupita” del fatto che nello stesso intervento sia stata formulata l’idea che “questo governo intenda comprimere i diritti della stampa”, mentre contemporaneamente viene citata l’opera svolta dal dipartimento per l’Editoria guidato dal sottosegretario Barachini, “che rappresenta l’intero governo”. 

Meloni ha affrontato il tema delle poche conferenze con i giornalisti effettuate da presidente del Consiglio, sostenendo di aver chiesto a Fabrizio Alfano - a capo del suo ufficio stampa - di fare a spanne un calcolo delle domande a cui ha risposto nel 2024. “Sono 350: più di una domanda al giorno”, dichiara la premier.  

Tra i punti affrontati c’è poi la riforma sulla diffamazione, che secondo il capo del governo non può essere considerato come un tentativo di limitazione della libertà di stampa: “La riforma raccoglie l’auspicio della Corte Costituzionale e prevede che per la diffamazione non ci sia più il carcere, una fattispecie su cui sono totalmente d’accordo, ma una multa”, ha spiegato, sottolineando che la sanzione riguarda, però, solo il caso di una notizia falsa pubblicata consapevolmente con l’intento di diffamare qualcuno.  

“Non penso che un giornalista dotato di deontologia possa diffamare volontariamente qualcuno, ma questo non è un caso comune ma un caso limite”, specifica, aggiungendo che la proposta prevede anche la possibilità di risolvere l’eventuale contenzioso pubblicando la smentita. 

Meloni ha anche dichiarato che le capita di “trovare virgolettate sui giornali dichiarazioni che mi vengono attribuite di cose che non ho mai detto e non ho mai pensato”. E chiede su questo punto ai cronisti di fare maggiore attenzione e auspica che con questa conferenza stampa si possa “ripartire con un piede diverso”.  

La premier ha poi affrontato il tema dell’intelligenza artificiale, riconoscendo che siamo di fronte a “qualcosa che è diverso” dal passato, per cui “l’intelletto rischia di essere sostituito e può avere un forte impatto sui lavoratori con alti profili”. Nello specifico, ammonisce la presidente del Consiglio, la professione giornalistica rischia di più di altre. 

È stata poi affrontata la polemica dei giorni scorsi attorno a fantomatici contratti o accordi con SpaceX, la società di Elon Musk che gestisce il servizio di internet satellitare ad alta velocità Starlink.  

La premier ha ribadito che la voce su un patto con il magnate sudafricano è stata smentita, e si dice “stupita da come alcune notizie false rimbalzino e diventino centro del dibattito”, ha dichiarato, specificando che non si tratta di una accusa rivolta ai giornalisti, quanto agli esponenti dell’opposizione.  

“Usare la cosa pubblica per fare favori agli amici non è mio costume, valuto gli investimenti stranieri con l’unica lente dell’interesse nazionale”, ha aggiunto.  

Meloni ha poi difeso il miliardario, sostenendo che non rappresenti un pericolo per la democrazia, rilanciando l’accusa verso “persone facoltose che usano le risorse per finanziare in mezzo mondo partiti e associazioni per condizionare le politiche”, citando a questo riguardo il magnate George Soros. 

Quindi, a proposito del caso Abedini e delle presunte trattative con il governo iraniano per la liberazione di Cecilia Sala, la premier ha detto che il caso è al vaglio tecnico e politico del ministero della Giustizia, e si tratta di “una vicenda che ovviamente bisogna continuare a discutere con i nostri amici americani”.  

Sulla vicenda, spiega Meloni, sono intervenute molte questioni di triangolazione diplomatica. Il caso ha richiesto particolare attenzione e cautela perché in Iran attualmente ci sono oltre 500 italiani.  

Sul fronte migratorio, la premier sostiene che per le decisioni della Corte di giustizia sui Paesi sicuri per i migranti bisognerà attendere, ma “la buona notizia è che i giudici italiani hanno inviato la questione alla Corte di giustizia europea che dovrebbe cominciare a lavorare su questa vicenda”.  

Secondo la presidente del Consiglio, la maggior parte dei suoi omologhi a livello europeo sosterrà la posizione italiana di fronte alla Corte, anche perché è “perfettamente in linea con il nuovo patto di immigrazione e asilo”.  

Ancora, parlando della guerra in Ucraina, Meloni ha detto di non prevedere un disimpegno degli Usa e ha spiegato che “la realtà è un po’ diversa dai racconti fatti: Trump ha detto “peace with strenght” (pace con la forza).  

La premier sostiene quindi di aver sempre sostenuto che l’unico modo per costringere la Russia a sedersi al tavolo era costruire una situazione di difficoltà, ma fa anche notare che “a dicembre 2022 la Russia controllava il 17,4% del territorio ucraino. Ora, con perdite ingenti controlla il 18%, più 0,6%. Lo dico per smontare la narrazione che la Russia ha già vinto”. 

Sull’ipotesi di un rimpasto nel governo, con la nomina a ministro dell’Interno di Matteo Salvini al posto di Matteo Piantedosi, Meloni ha affermato che non è all’ordine del giorno.   

“La parola rimpasto ha fatto capolino dopo due settimane che ero al governo: è una parola alla quale sono abituata e a cui non sono tendenzialmente favorevole”, ha chiarito la premier, ricordando – riguardo al giro di boa dell’esecutivo – che “questo è già il settimo governo per longevità nella storia nazionale, e procediamo a grandi falcate per scalare posizioni”. 

Infine, la presidente del Consiglio annuncia di voler impugnare, in sede di Consiglio dei Ministri, la legge regionale della Campania sul terzo mandato del presidente, dichiarando che dal suo punto di vista “sarebbe incoerente rispetto a quello che riguarda i sindaci e al fatto che nella riforma del premierato abbiamo messo il limite ai mandati”.