Apprezzato, ma non applauditissimo, l’intervento della Premier all’assemblea di Assolombarda.
ROMA - Davanti alla platea degli imprenditori di Assolombarda, la colonna portante di una Confindustria che sta attraversando un momento delicato in vista dell’elezione del suo nuovo presidente il prossimo anno, la premier Giorgia Meloni ce la mette tutta per scaldare i cuori.
In realtà però non le riesce molto, se non quando rivendica con determinazione l’abolizione del Reddito di cittadinanza, bestia nera, a quanto pare, delle aziende lombarde.
Eppure, nel suo intervento, apparso quasi un discorso motivazionale, la Premier mette in fila tutte le cose che gli imprenditori amano sentirsi dire. Sottolinea che la sostenibilità ambientale deve andare di pari passo con quella sociale ed economica, sostenendo che la transizione “non può smantellare le nostre imprese”. Ricorda i risultati delle battaglie a Bruxelles sull’auto e sugli imballaggi. Insiste sulla necessità di perseguire la “neutralità tecnologica”. Tutti passaggi che hanno un pochino sciolto una platea dall’atteggiamento un po’ freddo, che ha però apprezzato il riconoscimento della Premier al valore di Assolombarda “locomotiva dell’economia” e dell’impresa in generale. è “inspiegabile”, ha detto Meloni, la “tendenza a sminuire il portato dell’industria italiana” che avrebbe da insegnare più che da imparare, dalle “realtà esterne ai confini nazionali”, che invece spesso vengono prese a punto di riferimento. Insomma, in una parola, bisogna smetterla con quel “tafazzismo” citato dalla stessa premier anche in una intervista al Corriere della Sera.
Il nuovo “piccolo miracolo italiano”, con un Paese che cresce più delle aspettative e della media Ue, e diventa addirittura “il più affidabile”, è possibile grazie alla capacità di reazione delle imprese, insiste la Premier. E l’Italia, che è come una nave, “la più bella del mondo”, anche se è un po’ acciaccata, può sfidare qualsiasi onda, grazie alle “indicazioni chiare” del suo governo. Bisogna però “remare tutti dalla stessa parte”, sottolinea Meloni dal palco, citando proprio quel Pnrr la cui terza rata da Bruxelles però ancora non arriva e per la quarta è tutto in dubbio.
Ma niente paura, dice agli imprenditori. L’esecutivo è impegnato a “modificare le parti che non vanno bene”, a “contrattare con la Ue”, a semplificare ancora per aiutare soprattutto gli enti locali. Le risorse, assicura, “le metteremo a terra, costi quel che costi”, “metteremo tutti ai remi”. E “se qualcuno vuole rimanere a guardare vorrà dire che quando avremo terminato avrà imparato una lezione”, dice con tono di sfida rivolta a chi, secondo lei, “tifa perché si fallisca”.
Invece, dimostreremo di saper agire “come un sol uomo”, assicura Meloni, elencando priorità e sfide, a partire dallo scorporo degli investimenti strategici nel nuovo Patto di stabilità Ue, che però sarà difficile da raggiungere se non si convince una scettica Germania. Ma non importa, bisogna avere fiducia. Una fiducia che intanto verrà alimentata anche da una serie di misure, a favore proprio delle imprese, già in cantiere in Consiglio dei ministri.
Ad agosto, fa sapere il ministro Adolfo Urso, il governo presenterà un Chips Act italiano, per rendere il Paese competitivo nell’high tech. E per la primavera del prossimo anno arriverà un “documento globale di politica industriale” per il Made in Italy di cui l’omonimo Ddl - varato il 31 maggio in Cdm e ancora non trasmesso alle Camere - non è che il primo passo.
Tutte cose che però, come detto, non scaldano molto la platea, fatta di gente pratica e abituata a fare i conti. E tra quei conti mancano i 15 miliardi per il taglio del cuneo fiscale che Confindustria e Assolombarda chiedono da tempo e che ritengono indispensabile per rendere le imprese competitive con la concorrenza straniera. E poi mancano anche gli incentivi di “Industria 5.0”, cosa che fa storcere il naso agli industriali, i quali tra l’altro, per bocca del presidente Carlo Bonomi, hanno anche aperto al salario minimo da 9 euro, mentre la Premier lo ha bocciato. Ma ci saranno meno tasse per chi investe nella transizione e “nelle risorse umane”, grazie alla riforma fiscale, assicura la Premier. Che si affretta anche a garantire che il governo è alla ricerca delle risorse per rendere strutturale il taglio del cuneo applicato quest’anno.
Uno sforzo “non di poco conto” in appena sette mesi di lavoro, si giustifica, che viene dopotutto riconosciuto sia dal presidente di Confindustria Bonomi, che apprezza il cambio di narrativa verso le imprese, sia da quello di Assolombarda, Alessandro Spada, a cui piace la battaglia intrapresa in Ue sul Patto di stabilità. Meglio di niente, avrà pensato Meloni, che da premier ha sicuramente vissuto giornate più facili, persino forse davanti alla Cgil. Il che è tutto dire.