ROMA - Rispunta la possibilità di inserire il ricorso in Corte d'Appello contro le ordinanze del Tribunale sul trattenimento dei migranti nei centri per il rimpatrio, come previsto nella soluzione che voleva Giorgia Meloni per evitare nuove ordinanze come quelle dei giudici di Roma sui migranti trattenuti nel Cpr in Albania.
La proposta sembrava destinata a saltare quando il Consiglio dei ministri ha varato il decreto-legge con cui l'indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio diventa norma di primo grado, ma all'indomani della riunione, una fitta interlocuzione fra Palazzo Chigi, Viminale, ministero della Giustizia e Quirinale ha spalancato le porte del provvedimento alla norma.
Nel secondo articolo della bozza del governo, per il ministero dell'Interno, in merito ad eventuali decisioni sul mancato trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per il rimpatrio, “è ammesso reclamo alla corte d'Appello nel termine di cinque giorni da effettuarsi anche nei confronti della parte non costituita”.
La proposizione del reclamo non sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento reclamato, e la Corte, sentite le parti, prenderebbe la sua decisione con un decreto immediatamente esecutivo entro dieci giorni dalla presentazione.
L'impugnazione comporta una rivalutazione della causa nel merito, e quindi ha più possibilità di ribaltare le ordinanze dei tribunali, a differenza di quella puramente di legittimità prevista dalla Cassazione.
A questo puntava Meloni, e senza quella norma non poteva essere soddisfatta del decreto, su cui come spesso accade si è lavorato anche dopo il Cdm che ne ha approvato la bozza.
A Palazzo Chigi sono stati fatti ragionamenti giuridici e politici, valutando l'impatto di entrambi gli scenari,e già in Consiglio dei ministri era emersa la sensazione che toccare solo la lista dei Paesi sicuri rischiava di non bastare per cambiare la tendenza delle ordinanze.
Fra le considerazioni, anche il timore che questa norma potesse apparire una forzatura difficile da far passare al vaglio del presidente della Repubblica, o accendere ulteriormente la tensione con il mondo della magistratura. Si è valutata anche la possibilità di accantonarla, e ripresentarla per via parlamentare sotto forma di emendamento durante l'esame tra Camera e Senato, ma alla fine è prevalsa l'intenzione di insistere subito.
Si sta valutando la possibilità, una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale, di traslare questo provvedimento sotto forma di emendamento al decreto sui flussi migratori, ora all'esame dell'Aula della Camera, ma anche su questo serviranno ulteriori interlocuzioni.
Quel decreto, tra l'altro, ha a sua volta ripristinato il reclamo in Corte d'Appello contro i provvedimenti dei Tribunali distrettuali sulle richieste d'Asilo, abolito nel 2017.
Una scelta che “renderebbe assolutamente ingestibili i settori civili”, hanno obiettato neanche dieci giorni fa i presidenti delle Corti d'Appello, sollevando criticità legate alla riduzione di organico dei loro uffici e allo “sconvolgimento” di “un assetto ormai consolidato che ha assicurato un'adeguata tutela dei diritti”.