BUENOS AIRES – Si è tenuto, con grande partecipazione di pubblico, un nuovo incontro organizzato dal Circolo Albidonese di Buenos Aires, come parte della serie Parliamo di Albidona, che mira a preservare la memoria collettiva della comunità italiana attraverso il racconto degli emigrati.  

L’evento si è aperto con una proiezione di immagini del borgo calabrese, in provincia di Cosenza, seguita dall’attribuzione di un riconoscimento speciale che il presidente dell’associazione, Pino Napoli, ha consegnato alle persone che hanno donato oggetti per il Museo dell’Immigrazione, allestito al secondo piando del Circolo. 

Tra questi, la famiglia Belgrano, discendente di Manuel Belgrano, uno dei principali protagonisti dell’indipendenza argentina, figlio di genovesi, che viene ricordato soprattutto per aver creato la bandiera argentina nel 1812. 

Rosalia Zavaglia ha poi introdotto il tema della serata, con un’analisi sul rapporto tra memoria, identità e immigrazione, sottolineando il ruolo centrale della trasmissione culturale tra generazioni. 

Protagonisti dell’incontro sono stati i fratelli Antonio, Lucrezia e Pietro Golia, che hanno condiviso la loro esperienza di emigrazione dall’Italia all’Argentina.  

Da sinistra, Antonio Golia, Lucrezia Golia, Rosalia Zavaglia e Pietro Golia.

Originari di Albidona, i Golia hanno ricordato l’infanzia trascorsa in una famiglia benestante, con una casa nel centro del paese e un terreno agricolo di proprietà. Eppure il padre, reduce della guerra, temendo un futuro instabile per i figli, decise di vendere tutto e partire per l’Argentina in cerca di un futuro tranquillo. 

Partì da solo, e dopo essersi sistemato, fece arrivare la moglie con i bambini. “Per me, che avevo quattro anni, mio padre era quasi uno sconosciuto – ha raccontato Pietro, il più giovane dei fratelli –. Quando siamo arrivati a Buenos Aires, mi prese in braccio, ma io non sapevo chi fosse: era partito per la guerra quando ero appena nato, e poi era emigrato.” 

Il racconto si è fatto toccante quando Lucrezia ha ricordato il dolore della madre nel dover lasciare i suoi genitori ormai anziani: “Piangeva disperata. Sapeva che non li avrebbe più rivisti. Era contraria alla decisione di mio padre. E sebbene sia potuta tornare qualche anno dopo per accompagnare la sorella, ormai i suoi genitori non c’erano più”. 

I primi tempi in Argentina furono duri. La famiglia viveca in campagna, lontano dal centro cittadino, in condizioni molto diverse da quelle – relativamente agiate – lasciate ad Albidona. “Nostra madre era profondamente infelice all’inizio – ha detto Lucrezia – perché ad Albidona vivevamo nel cuore del paese. Qui ci trovavamo isolati.” 

Con il tempo, però, la situazione migliorò: si trasferirono nel quartiere di Valentín Alsina, a Buenos Aires. Il padre, che in mattinata lavorava come calzolaio, nel pomeriggio gestiva un’edicola. I fratelli hanno ricordato con gratitudine e stima lo sforzo dei genitori nel costruire una nuova vita. “Per noi bambini è stato più semplice – ha detto Antonio –. Siamo cresciuti qui e questo Paese ci ha dato tanto. Non ci possiamo lamentare.” 

I vestiti tradizionali di Albidona.

Oggi, nessuno dei fratelli Golia pensa a un ritorno definitivo in Italia, anche se il legame con Albidona resta vivo. “Tornare a vivere lì non avrebbe senso – ha spiegato Lucrezia –. La nostra vita è qui, e le persone con cui siamo cresciuti ormai non ci sono più”.

Anche Pietro ha confermato il suo attaccamento al paese d’origine, pur non provando nostalgia: “Mi piace tornare a trovare i cugini, ma i loro figli sono andati via da Albidona. Io ho avuto una buona vita qui, e anche la mia famiglia sta bene”.

Il racconto dei Golia ha commosso molti presenti in sala. “Mi ha fatto pensare a quello che raccontavano i miei genitori”, ha detto emozionata Silvina Preiti, figlia di emigrati italiani che pure scapparono dalla guerra.

“Mi ricordo l’emozione dei miei nonni quando parlavano dell’Italia”, ha aggiunto Veronica Hernández. 

Il Circolo Albidonese ha offerto agli ospiti un aperitivo a base di specialità calabresi.

“Le storie dell’emigrazione si somigliano tutte – ha riflettuto Pietro Golia – ma ognuno le ha vissute a modo proprio”. 

La serata si è conclusa in un clima festoso, con vino, bibite e buonissime specialità calabresi offerte dal circolo. La nostalgia è andata via mentre le persone si salutavano, le famiglie aprofittavano del raduno per fare foto di gruppo e gli amici chiaccheravano. 

È stato sorteggiato anche un dolce tradizionale pasquale albidonese, preparato da Maria Laura Golia. In un angolo, alcuni partecipanti hanno cominciato a suonare strumenti tradizionali e si è improvvisata una tarantella.