È il budget che non dovevamo avere, ma già che c’era, tanto vale usarlo per piantare qualche paletto elettorale extra.
Jim Chalmers, dopo il prologo sui venti contrari dei dazi americani con conseguenze globali ancora tutte da vedere, del rallentamento economico della Cina e della drammatica realtà di due guerre, in Europa e Medio Oriente, che fanno tremare il mondo, ha ritrovato immediatamente il sorriso pensando all’Australia che, a suo dire, nonostante tutte queste incertezze e preoccupazioni, si è già messa il peggio alle spalle.
Una lettura della situazione che elettoralmente non fa una grinza: il ministro del Tesoro, martedì sera, ha addirittura tirato fuori dal magico cilindro che viene dato in dotazione con l’assunzione dell’incarico, un altro giro di sgravi fiscali.
Niente di sbalorditivo, intendiamoci, ma è sempre un segnale positivo, in un’ottica elettorale, poter parlare di qualche dollaro in più da mettere nelle tasche degli australiani: 268 l’anno, per l’esattezza, a partire da luglio 2026 e altri 536 l’anno dopo.
E non dimentichiamoci dei 150 dollari, già annunciati domenica scorsa, di sconto sulle bollette energetiche, facendo arrivare a fine anno gli aiutii che dovevano fermarsi, se non ci fossero state le urne di mezzo, a fine giugno.
Chalmers, con la convinzione che solo i politici in certi casi riescono a dimostrare, ha parlato di una vera e propria riforma fiscale, annunciando gli inaspettati tagli che, di fatto, sono un guanto di sfida all’opposizione: la sua controparte liberale, Angus Taylor, ha parlato ‘a caldo’ già nell’immediato dopo budget (concetto ribadito più volte, ieri anche in Aula, dal leader dell’opposizione Peter Dutton) di una “crudele presa in giro” nei confronti degli elettori, di una differenza di cinque dollari per fare fronte ad un carovita alimentato dalle scelte del governo.
Tuttavia, ha lasciato la porta aperta alla possibilità che la Coalizione si prepari a mettere sul tavolo un’offerta fiscale più allettante. Asta in vista, quindi, con l’etichetta di riforme vere, che invocano un po’ tutti (economisti, imprenditori, investitori), ma che nessuno invece intende veramente apportare perché, probabilmente, ci andrebbe di mezzo anche l’elettoralmente intoccabile Gst.
Budget numero quattro per Chalmers (era dai tempi del primo ministro Ben Chifley che non succedeva in un solo mandato, tra il 1946 e il 1949) che, come nelle previsioni, farà un po’ da trampolino di lancio per le urne di maggio: deficit confermato dopo due surplus consecutivi post Covid, che il ministro del Tesoro si è assicurato di far rilevare.
Un ritorno in rosso che durerà almeno per un decennio. I 27,6 miliardi di passivo di quest’anno, diventeranno 42,1 il prossimo prima di scendere a 35,7 miliardi nel 2026-27 e risalire a 37,2 miliardi l’anno successivo: nel ciclo quadriennale un deficit complessivo di 179 miliardi di dollari che, includendo misure fuori bilancio, sale a 283 miliardi.
Un bilancio che, il fatidico “giorno dopo”, non sembra avere ottenuto grandi consensi: non risponde, infatti, alle esigenze dell’Australia in termini di responsabilità fiscale, politiche strutturali, miglioramento della produttività e imperativi strategici, anteponendo le esigenze elettorali a breve scadenza alle sfide che il Paese dovrebbe affrontare.
È il bilancio di un governo in difficoltà che cerca un rilancio immediato, perché il tempo stringe, ed è stato quindi confezionato con una certa fretta, in seguito al cambiamento in corsa della strategia di avvicinamento alle urne. Per questo, probabilmente, è ancora più imperfetto sulle cose da fare, ma sicuramente mirato per ciò che riguarda il messaggio che vuole trasmettere agli elettori: “L’economia sta migliorando” e “il peggio è passato”.
Ecco allora il rafforzare l’importanza dei provvedimenti già annunciati inseriti nei costi di gestione per ciò che riguarda la famosa difesa del Medicare, gli sconti sui ‘debiti’ universitari, le spese extra nei settori dei servizi per l’infanzia e gli anziani. Il tutto reso possibile, secondo Chalmers, dal lavoro svolto dall’attuale amministrazione che ha ottenuto importanti successi sul fronte dell’inflazione, della ripresa economica, dei salari tanto da poter parlare di una pianificazione per “una generazione di prosperità”.
La verità è che il Partito laburista aveva bisogno di una svolta a breve termine per cercare di reindirizzare il cammino, con ulteriori aiuti per il costo della vita e un minimo di ottimismo identificato con la possibilità di offrire nuovi mini tagli fiscali che - come il primo ministro Anthony Albanese ha ripetuto ieri a più riprese -, vanno ad aggiungersi a quelli già apportati correggendo la terza fase dell’iniziativa di tentata semplificazione tributaria (eliminando una fascia di tassazione) di Morrison e Frydenberg.
È sicuramente un bilancio pensato per le elezioni e non per i tempi di trasformazione, non solo economica, che stiamo vivendo. Non c’è una significativa moderazione nella spesa, nessuna vera riforma della raccolta fiscale, nessun aumento del bilancio per la difesa e poche prospettive di un’economia più competitiva, nonostante Chalmers abbia sottolineato l’indubbia scomoda realtà che viviamo in un mondo più instabile, turbolento e imprevedibile.
Il ministro del Tesoro ha affermato, anche nel suo intervento al Circolo della stampa, che i progressi economici sono stati “eccezionali” e insiste sul fattore della presunta svolta che permette di guardare avanti in fatto di crescita che, anche nello scenario Ocse (l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico), presenta un miglioramento grazie a “l’inflazione in calo, i tassi d’interesse in diminuzione, la disoccupazione ancora contenuta sotto il 4,25 per cento e i salari in aumento”.
I numeri sciorinati non risolvono però il problema centrale del record di governo, sul quale Peter Dutton farà perno per la sua campagna: “la maggior parte delle persone sta ancora peggio da quando Albanese è alla Lodge”.
Gli standard di vita sono scesi oltre ai limiti di guardia anche se si sta lentamente cercando di farli risalire, ma la strada da fare è ancora lunga. Non sorprende, quindi, che dalla revisione di bilancio di metà anno in poi, il governo abbia impegnato 35 miliardi di dollari in spese e tagli fiscali, finanziandoli tutti attraverso il margine di manovra dato dal miglioramento dell’economia.
L’obiettivo principale del bilancio è riaccendere la speranza e, soprattutto, insistere sulla teoria che il Partito laburista ha un piano di recupero e una filosofia di attenzione sociale che la Coalizione non ha.
Chalmers ha, quindi, presentato il budget facendo campagna, puntando su una linea di gestione senza strappi e particolari ambizioni all’insegna di un avanti piano in un mondo in subbuglio sempre più problematico e pericoloso. Il governo ha però deciso di non aumentare le spese per la Difesa, pur anticipando un miliardo per sottomarini e missili. Il bilancio, in questo settore, è ritenuto da molti osservatori inadeguato, quasi un’aperta provocazione a quella che sembra ormai una nuova linea globale di spese da maggiorare nel campo della sicurezza nazionale che sicuramente non passerà inosservata nella nuova era delle alleanze traballanti di Trump. È una scelta che sicuramente piacerà ai verdi e, calcolatori elettorali alla mano, quindi, dal punto di vista strettamente elettorale, potenzialmente utile.
Dopo maggio se ne riparlerà. D’altra parte con la spesa non si scherza e, in termini reali, è destinata a crescere del 2,7 per cento all’anno nei prossimi cinque anni fino al 2028-29. Ma si mantiene su un livello permanentemente elevato: si prevede sarà del 27 per cento del Pil (Prodotto interno lordo) nel prossimo anno e del 26,4 per cento tra quattro anni, rispetto al 24,4 per cento quando il Partito laburista ha assunto il potere.
I nuovi tagli fiscali costeranno 17,1 miliardi di dollari in cinque anni, il rafforzamento del Medicare costerà 8,3 miliardi in quattro anni, i rimborsi energetici per compensare il fallimento, mai ammesso, di ridurre i prezzi dell’energia faranno uscire dalle casse federali quasi altri due miliardi.
Il taglio del 20 per cento del debito studentesco ridurrà di 19 miliardi il debito di oltre tre milioni di studenti. Il governo Albanese ci ricorderà che sta finanziando anche aumenti salariali per gli infermieri delle case di riposo e promuovendo sussidi per il progetto “Future Made in Australia” (al momento più uno slogan che una vera strategia).
Il budget non ha cambiato nulla se non cercato di rafforzare le differenze che a dire il vero, finora, sembrano essere veramente minime con l’alternativa che questa sera avrà occasione di mettere qualche carta in più su un tavolo politico decisamente povero di visione, traguardi che non vadano oltre alla vittoria di maggio, ambizioni e coraggio.