FIRENZE - Il Tribunale del Riesame ha accolto l’appello presentato dalla procura nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze, confermando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di Maria Concetta Riina, figlia maggiore del boss Totò Riina, e di suo marito Antonino Ciavarello, già detenuto. 

I giudici hanno riconosciuto il pericolo di inquinamento probatorio, il rischio di reiterazione del reato e la presenza dell’aggravante del metodo mafioso. 

I fatti contestati risalgono all’agosto 2024, quando – secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Ros – i due avrebbero rivolto a due imprenditori toscani richieste di denaro definite “pressanti e minacciose”, tali da spingere una delle vittime a consegnare a Riina una somma in contanti, oltre a una cesta di generi alimentari dal valore di 150 euro. 

Nonostante fosse rinchiuso in un istituto penitenziario, Ciavarello avrebbe continuato a comunicare con l’esterno tramite un cellulare, inviando messaggi sia alla moglie che ai due imprenditori coinvolti.  

In uno dei messaggi più significativi, secondo quanto riportato dalla Procura, Maria Concetta Riina avrebbe scritto: “Noi siamo sempre gli stessi di un tempo, le persone non cambiano”. 

L’inchiesta ha portato alla luce una presunta estorsione consumata ai danni di un imprenditore del Senese e un tentativo di estorsione non riuscito nei confronti di un altro imprenditore del Pisano. 

Per entrambi gli indagati è stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere, sebbene non ancora esecutiva, in attesa di un eventuale ricorso in Cassazione e della pronuncia della Suprema Corte. 

Antonino Ciavarello, già noto alla giustizia, era stato arrestato a Malta nel febbraio 2024 in esecuzione di un mandato di cattura europeo emesso dal Tribunale di Brindisi nel 2022.  

Attualmente detenuto nel carcere di Rieti, a marzo aveva avviato uno sciopero della fame per protestare contro il mancato rinnovo della carta d’identità, lamentando l’impossibilità di accedere alle cure sanitarie.  

La moglie, in quell’occasione, aveva lanciato un appello alle istituzioni denunciando il trattamento subito dal marito. 

Le indagini proseguono per accertare nel dettaglio i canali utilizzati per le comunicazioni e le eventuali connessioni con altri ambienti criminali.