Se c’è una cosa che Micaela Bracco prende molto sul serio, è l’articolo 1 della Costituzione italiana. Il principio di una democrazia fondata sul lavoro, anzi sul diritto al lavoro. Non poteva che essere così, per la direttrice nazionale del patronato Inas in Argentina. Elegante, colta, autoironica, potrebbe confondersi con una signora dell’alta borghesia milanese. Ma quando si siede dietro alla scrivania, nel suo ufficio a Buenos Aires, il suo sguardo e le sue parole esprimono la grinta e la passione con cui, per tutta la vita, si è battuta perché i diritti di cui parlano le leggi vengano davvero applicati.
“I patronati nascono con la Repubblica – sottolinea –. L’Inas, legato alla Cisl, è stato fondato nel 1949. Con una funzione complementare rispetto al sindacato. Se quest’ultimo difende i diritti collettivi, il patronato si occupa di garantirne l’accessibilità a ogni persona”. Che significa aiutare il cittadino a verificare la correttezza della busta paga, i giorni di ferie o di congedo di maternità, il versamento dei contributi, la domanda per la pensione…
Micaela vive in Argentina dal 1952, da quando aveva due anni, con una parentesi in Italia, durante la dittatura. “Era il 1976 – ricorda –. Dopo la laurea in Lettere all’Università Cattolica di Buenos Aires, lavoravo come insegnante in una scuola secondaria. Un’ispettrice del ministero che mi conosceva, perché aveva assistito ad alcune mie lezioni, mi fece chiamare e mi disse che forse, per il mio bene, sarei dovuta uscire dal paese per un po’. Mi salvò la vita. Capii immediatamente e il mese successivo ero già a Milano, dove rimasi fino al 1982”. Ovvero, l’epoca in cui già si intuiva che i militari avrebbero presto perso il potere, come avvenne con le libere elezioni dell’anno successivo.
All’Inas è entrata nel 1989, dopo aver lavorato nelle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani), un altro patronato, come operatrice di sportello: una lunga esperienza nel mondo dell’associazionismo cattolico (“progressista”, ci tiene a specificare).
“L’Italia è il paese al mondo che ha stabilito più convenzioni internazionali in materia di sicurezza sociale, allo scopo di tutelare i propri lavoratori all’estero” spiega Micaela, che considera questi accordi il momento più forte dello Stato Sociale, che poi è andato successivamente liquefacendosi, tra la caduta del Muro di Berlino e la globalizzazione.
Ricorda con orgoglio quegli anni di attività frenetica, che corrispondevano al pensionamento degli italiani arrivati subito dopo la Seconda guerra mondiale, ai quali si dovevano calcolare e unificare gli anni di contributi. In quel periodo l’introito di valuta estera che entrava in Argentina per pagare le pensioni era superiore al fatturato totale delle esportazioni di carne: una sorta di retribuzione per tutte le rimesse dei nostri connazionali alle famiglie rimaste in Italia.
Di alcune battaglie, poi, Micaela va particolarmente fiera. Come quando, negli anni ‘90, proprio lei e i colleghi dell’Inas si accorsero che dalla bozza della Finanziaria era stata eliminata l’integrazione al trattamento minimo delle pensioni pagate per i residenti all’estero. “Ci siamo rivolti a parlamentari di tutto l’arco costituzionale e alla fine quel provvedimento fu stralciato”, afferma con orgoglio. O il lavoro fatto durante la pandemia, quando le attività del patronato non sono mai state sospese, ma si sono spostate online in tempo reale, con tanto di videochiamate agli utenti che avevano bisogno di assistenza per una pratica. E quel contatto, alla fine, diventava una forma di sostegno per i più soli.
Quali sono le sfide per il patronato, oggi? Sicuramente assistere i pensionati in tutte quelle pratiche obbligatorie che richiedono la digitalizzazione e una certa familiarità con la tecnologia: la dichiarazione dei redditi, la richiesta di Spid o la certificazione di esistenza in vita, indispensabile per ricevere la pensione. Ma anche allargarsi alle generazioni più giovani, offrendo consulenza a chi vuole ottenere la cittadinanza italiana. “Cerchiamo di sensibilizzare sui diritti e doveri che questo comporta – dice Bracco – al di là di avere il passaporto europeo per viaggiare. Altrimenti la cittadinanza diventa una merce come un’altra”. E il cittadino viene declassato a consumatore, che paga e compra un servizio, anziché esercitare un diritto.
Infine, la questione ambientale, con l’adesione dell’Inas alla piattoforma argentina per monitorare l’Agenda 2030, cioè gli obiettivi fissati dall’Onu per lo sviluppo sostenibile.
Un patronato che sa svecchiarsi e rispondere a nuovi bisogni, non in nome di un giovanilismo di facciata, ma dell’esigenza di adattarsi ai continui cambiamenti della società.
In mezzo a tutto questo c’è Micaela, con la sua classe, il suo umorismo sottile e soprattutto la sua passione e la sua energia. “La mia forza è il gruppo dei colleghi – minimizza lei –. “Mi piace sentirmi un anello nella catena, da cui traggo ispirazione permanente”.
Ma poi aggiunge, con una punta di soddisfazione: “Gioco ancora a tennis, a 74 anni. E nello sport come nella vita, se vinco festeggio, se perdo imparo”.