MILANO - Due migranti ospiti del Cpr di via Corelli a Milano la notte scorsa si sono sdraiati per terra, sotto la pioggia, con solo gli slip indosso, per protestare contro le condizioni del Centro di permanenza per i rimpatri, commissariato dallo scorso dicembre, si vede in un video postato dalla rete ‘Mai più lager - No ai Cpr’. 

Sulla stessa pagina Facebook, in un altro video, si vedono agenti della guardia di finanza in tenuta antisommossa e due ospiti presi a manganellate. “I due sono stati portati in infermeria: uno con una gamba visibilmente rotta e l'altro, il più giovane, quasi esanime, a braccia”, scrive la rete No Cp. 

Secondo la rete No Cpr, la ‘protesta della pioggia’ è nata dalle condizioni all'interno del centro: nonostante molti degli ospiti “siano ricoperti di macchie pruriginose su tutto il corpo (scabbia? cimici? Intossicazione?) non ricevono cure neppure quando hanno la fortuna di riuscire ad accedere all'infermeria: La solita infermeria dove gli unici farmaci sui quali non si lesina sono quelli sedativi, la ‘terapia’”.  

E poi: “Il cibo, oltre ad essere in porzioni letteralmente da fame, dicono sia immangiabile, I bagni, il solito sfacelo in condizioni igieniche indegne”, denuncia la rete.  

Dopo i video di denuncia, il consigliere regionale di Patto civico Luca Paladini ha visitato il Cpr “autorizzato dal mio ruolo istituzionale di consigliere regionale accompagnato da un medico, un'avvocata e da un volontario dello sportello legale del Naga”, e ha poi spiegato di non aver però potuto visitare le aree di detenzione.  

“È stata una visita molto, molto complicata, più volte interrotta per sorprendenti verifiche legate alla legittimità della nostra visita. Al netto di una situazione che mantiene una serie di criticità e carenze a partire dal presidio sanitario presente (non siamo riusciti a vedere il registro degli eventi critici, se ancora esistente) la cosa molto grave è che dopo una serie di telefonate intercorse con la Prefettura, la direttrice del centro non mi ha autorizzato a visitare i blocchi nei quali le persone sono detenute”, racconta sui social.  

“È stato solo permesso di incontrarli in una piccola stanza, uno alla volta con tempi molto dilatati. Una visita così condizionata da veti segna un pericoloso precedente”, conclude Paladini.