BUENOS AIRES – Il primo atto di governo del neopresidente argentino Javier Milei è stato il Dnu (decreto di necessità e urgenza) 70/2023 che abolisce o modifica 300 leggi dello Stato.
Si va dalla privatizzazione di Ypf (l’impresa petrolifera di Stato) e di ArSat (l’impresa di telecomunicazioni che ha mandato in orbita il primo satellite latinoamericano) alla liberalizzazione delle tariffe di gas, acqua ed elettricità, fino all’eliminazione del tetto per le commissioni sulle carte di credito a carico degli esercenti.
Cos’è esattamente un Dnu? Ed esiste qualcosa di simile nell’ordinamento politico italiano?
“Il Dnu è un atto avente forza di legge del governo” spiega Malena Errico, avvocata e presidente del Circolo giuridico argentino, una ong che si occupa, tra l’altro, di portare avanti progetti congiunti sulla cultura della legalità con associazioni italiane.
Non è quindi una legge ordinaria (che spetta al Parlamento, ossia al potere legislativo). Certo, ha la stessa forza di una legge, finché è in vigore, ma deve essere approvato dal Parlamento, altrimenti decade.
“La Costituzione a questo proposito è molto chiara – dice Errico –. Mette limiti molto precisi all’uso del Dnu, per evitare che diventi uno stratagemma del governo per bypassare il dibattito parlamentare”.
Per esempio il Dnu non può riguardare materie delicate, come il penale e tributario.
Deve limitarsi a situazioni che non possono aspettare il passaggio in Parlamento: per esempio organizzare soccorsi e stanziare fondi per una calamità naturale.
Tuttavia i governi, di tutti gli orientamenti, abusano di questo strumento.
Nell’ordinamento italiano esiste la figura del decreto-legge, molto simile al Dnu. E altrettanto abusato, da destra come da sinistra.
“In un’ottica di bilanciamento dei poteri – prosegue Errico – il Dnu deve essere inviato a una commissione bicamerale entro 10 giorni. Questa, entro altri 10 giorni, deve esprimersi con un parere”. Immediatamente dopo, il Parlamento dovrà riunirsi per votare se approvare o respingere il Dnu. Basta che lo approvi una sola Camera e diventa legge.
Inoltre il Dnu deve essere approvato o respinto in toto. Prendere o lasciare. Non è possibile salvarne solo alcune parti.
“Intanto la commissione bicamerale non è ancora stata convocata, malgrado il Dnu risalga al 20 dicembre – dice l’avvocata –. Nel frattempo il Dnu resta in vigore”.
In Italia il decreto-legge deve essere presentato direttamente alle Camere, senza il passaggio della commissione bicamerale, e deve essere convertito in legge entro 60 giorni, pena la decandenza.
Anche nel nostro Paese i governi di tutti i colori hanno abusato dello strumento, a volte ripresentando con piccole modiche decreti-legge già respinti dal Parlamento.
Sono frequenti anche i decreti omnibus (come quello di Milei) che accorpano decine o centinaia di materie, approfittando dell’urgenza reale di alcuni di esse per utilizzarle come “cavalli di Troia” per fare approvare anche il resto.
“Il problema del Dnu 70/23 non è il merito ma il metodo – dice Errico –. Si può essere o meno d’accordo con la privatizzazione delle imprese di Stato o con una totale deregolamentazione dell’economia, ma non si può rinunciare al rispetto della Costituzione e del bilanciamento tra poteri dello Stato”.
E qui, nel braccio di ferro tra legislativo (Parlamento) ed esecutivo (Governo) entra in ballo il terzo potere: quello giudiziario.
“In Argentina il controllo di costituzionalità spetta alla magistratura – dice Errico –. Se un cittadino ritiene che i propri diritti siano lesi da una specifica legge, può rivolgersi a un giudice con un’azione di amparo, istituto di protezione di diritti fondamentali tipico degli Stati latino-americani”.
Il passo successivo è l’azione dichiarativa, che punta a dare dichiarare da un giudice federale l’incostituzionalità della norma.
Come ultima spiaggia, si può invocare la Convenzione interamericana dei diritti umani affermando che il Dnu attacca alcune delle tutele previste dal trattato (che ha rango istituzionale).
In Italia l’incostituzionalità di una norma può essere dichiarata solo dalla Corte Costituzionale (un organo di garanzia, non l’espressione di un potere dello Stato), per iniziativa del giudice di un processo per il cui esito quella specifica norma è cruciale.
Un’ulteriore complicazione per il Dnu 70/2023 riguarda il conflitto di interesse.
Il Dnu deve essere controfirmato da tutti i ministri. Solo che Diana Mondino, ministro degli Esteri, ha una posizione come azionista della banca Roela che la pone in conflitto di interessi rispetto alle norme economiche del Dnu. Un problema non solo formale ma anche simbolico per Javier Milei, che aveva impostato la sua campagna elettorale sulla volontà di fare piazza pulita della cosiddetta casta.
Inoltre il presidente ha dichiarato che, se il Parlamento dovesse bocciare il Dnu, ricorrerà a un referendum. La cui funzione, tuttavia, potrà solo essere consultiva e non abrogativa (si applica solo a leggi entrate in vigore, non il contrario). Quindi, una spesa inutile di stampo demagogico: non proprio il massimo per chi vuole mettere a posto i conti dello Stato.