Gli atti di sopraffazione che contraddistinguono la pratica del “nonnismo” non sono riferibili soltanto in ambito militare. E’ quanto ha stabilito la Cassazione intervenendo sulla tragica vicenda di Emanuele Scieri, l’allievo paracadutista morto nella caserma “Gamerra” di Pisa il 13 agosto del 1999. Secondo i supremi giudici, infatti, il fenomeno del nonnismo militare “non è in sé ricollegabile al rapporto gerarchico, così come al servizio o al rispetto della disciplina”, stabilendo pertanto la competenza del caso, con l’omicidio volontario come ipotesi di reato, alla magistratura ordinaria. La caserma, hanno spiegato i giudici, “è stata solo il luogo in cui si è verificato il fatto”.
La sera della sua morte Scieri avrebbe subito violenti atti di nonnismo che ne causarono la caduta da una scala dove forse aveva cercato riparo. Il militare era stato trasferito alla “Gamerra”, centro di addestramento della Folgore, con altri commilitoni proprio il 13 agosto. Dopo aver sistemato i bagagli in camerata, Scieri si sarebbe unito ai colleghi per una passeggiata nel centro di Pisa. Una volta rientrato in caserma intorno alle 22.15, non aveva risposto al contrappello delle 23.45. Nonostante diversi colleghi avessero riferito che fosse tornato in caserma, era stato dato per non rientrato, mentre in realtà a quell’ora era già morto.
L’allievo parà sarebbe stato indotto a salire su una scala alta 10 metri, usata per asciugare i paracadute, da dove era precipitato in conseguenza degli atti di violenza e minaccia messi in atto nell’ambito di una struttura dove, secondo gli inquirenti, regnava un “clima di nonnismo” e un sistema di disciplina “fuori controllo”. Agonizzante era stato lasciato a terra e il suo cadavere era poi rimasto ai piedi della scala per tre giorni.