MOSCA - Nonostante resti il veto alla presenza di truppe dei Paesi Nato sul terreno, nella visione russa potrebbero essere accettati degli “osservatori disarmati” lungo il confine per monitorare il rispetto degli accordi di pace. È un’apertura, ancora piuttosto generica, ma è comunque un primo segnale positivo lanciato da Mosca sul tema delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. 

Nel frattempo, continua il lavoro della “coalizione dei volonterosi”, sotto la regia franco-britannica, per accogliere sempre più partner disposti a fornire supporto all’Ucraina anche in termini di peacekeeper. Di questo gruppo, arrivato ad oltre 30 Paesi, fa parte anche l’Italia, che porta avanti la sua visione: la cornice più adatta per una missione sarebbe quella dell’Onu e solo in quel caso Roma sarebbe disposta a considerare l’invio dei propri militari. 

La sicurezza dell’Ucraina potrebbe essere tra i temi della nuova telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin. Alla vigilia del colloquio, Dmitry Peskov ha criticato duramente gli europei, a partire dalla Francia, che per prima ha lanciato la proposta dei peacekeeper.

“Discutere di truppe in Ucraina è “tendenza pericolosa” e la Ue sta creando “un nemico esterno” per “giustificare la sua militarizzazione”, è stato l’affondo del portavoce del Cremlino, ripetendo il mantra russo: i cannoni della Nato ai confini sono una minaccia alla sicurezza nazionale.  

In questo quadro, ed è questa la novità, Mosca è disposta a concessioni, come ha spiegato il viceministro degli Esteri Alexander Grushko in un’intervista: “Se le parti concordano che il pacchetto per la pace richiede un sostegno internazionale, allora c’è un argomento di cui discutere. Questo potrebbe includere osservatori disarmati, una missione civile che potrebbe monitorare l’applicazione dei singoli aspetti di questo accordo, o i meccanismi di garanzia”. Una missione a cui, nella prospettiva di Mosca, potrebbero partecipare anche Paesi equidistanti tra le parti come Brasile, Turchia e Cina. 

In attesa di sviluppi, il blocco occidentale rimasto ancorato a Kiev, nonostante gli strappi di Trump, cerca di inserire nuovi tasselli al futuro piano di sostegno all’Ucraina, anche con il dispiegamento di truppe. Giovedì è attesa una nuova riunione dei rappresentanti militari dei volenterosi per dare seguiti operativi al vertice dei leader che si è svolto sabato scorso con la regia di Londra.  

Proprio Keir Starmer, secondo quanto emerge dal Times, è disposto a schierare migliaia di soldati britannici in Ucraina per mantenere un cessate il fuoco e scoraggiare un’altra invasione russa. Anche Canada, Francia, Turchia e Australia si sono offerti di inviare un proprio contingente, e per ora si ragiona nel complesso di 30mila truppe.  

Un altro gruppo invece fornirebbe armi e logistica. “Le capacità di contributo varieranno” in base alle disponibilità dei singoli Stati, per formare una “forza significativa”, ha confermato Downing Street, annunciando che rispetto ai 25 Paesi che hanno partecipato alla video-call di sabato ora la coalizione può contare su oltre 30 membri. Un buon inizio, anche se ci sarà ancora tanto da discutere. A partire dalle regole d’ingaggio, ad esempio, se la forza di pace sarà autorizzata o meno ad aprire il fuoco contro i soldati russi in caso di attacco. 

Quanto all’Italia, il governo insiste sulla necessità di tenere unito il fronte transatlantico per definire garanzie di sicurezza credibili ed efficaci, come ha sottolineato Georgia Meloni al vertice di Londra. In questa prospettiva le strade (una volta raggiunta la pace) possono essere due, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Da una parte, “una sorta di articolo 5 bis della Nato che garantisca comunque con un impegno internazionale la protezione dell’Ucraina”. Dall’altra, una missione di peacekeeping dispiegata in una zona cuscinetto che nasca con l’avallo “del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, coinvolgendo anche la stessa Russia e la Cina”.  

Nel caso in cui si optasse per “una missione militare Nato o della Ue”, l’Italia non darebbe il proprio contributo in termini di soldati, ha ribadito il titolare della Farnesina. Se in Ucraina “ci fosse la tregua e fossero accettate le truppe Onu sarebbe sicuramente una notizia positiva”, gli ha fatto eco Guido Crosetto. In quel caso “noi prenderemmo atto di questa cosa e decideremmo. Nelle missioni di pace Onu l’Italia c’è sempre stata ma è una decisione che dovrà prendere il Parlamento se ci sarà la necessità di farlo”, ha comunque precisato il ministro della Difesa.