MOSCA – Non bastano gli ‘ottimi’ rapporti tra Putin e Trump a portare la pace in Ucraina. Sebbene il Cremlino “prenda molto sul serio” le proposte USA per il cessate il fuoco, “non può accettarle tutte così come sono” perché “non risolvono i problemi” alla radice del conflitto.

A chiarirlo è il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov, a seguito delle precedenti dichiarazioni del portavoce Peskov, il quale aveva sottolineato come “le questioni in discussione sulla situazione in Ucraina siano molto complesse e richiedano molti sforzi aggiuntivi”.

Il presidente USA si era detto fiducioso – “Putin farà la sua parte” per arrivare a una tregua, aveva dichiarato –, ma la Casa Bianca ha affermato chiaramente che il tycoon è “frustrato” per l’atteggiamento dello Zar, contro il quale resta la minaccia di dazi secondari sul petrolio russo, se non si dovesse raggiungere un accordo per mettere fine alla guerra.

La stessa frustrazione non risparmia il presidente ucraino Zelensky, chiamato a valutare un accordo sulle terre rare che Kiev vorrebbe “accettare”, ma che di fatto resta ampiamente svantaggioso per il Paese invaso.

Mosca ha quindi chiesto a Washington il suo punto di vista: “Non abbiamo sentito da Trump segnali verso Kiev per porre fine alla guerra – ha sottolineato infatti Ryabkov –. Ciò che abbiamo è un tentativo di trovare una sorta di schema che consentirebbe di ottenere una tregua come la immaginano gli americani. Per poi passare ad altri schemi in cui, per quanto ne sappiamo, non c’è posto oggi per la nostra richiesta principale, cioè risolvere i problemi legati alle cause del conflitto. Non esiste nulla del genere, e questo va affrontato”.

Le parole di Ryabkov suonano come l’ennesima crepa in quello che, fino alle scorse settimane, era un idillio tra Russia e USA, messo alla prova dalla richiesta di Mosca di silurare Zelensky, proposta che ha scatenato l’ira del magnate. In ogni caso, il dialogo resta tra le due potenze mondiali: Putin si è detto pronto a nuovi contatti con Trump, che intanto andrà in Arabia Saudita a maggio, finora culla dei negoziati indiretti tra Kiev e Mosca. E dopo la prima riunione a Istanbul, Russia e USA “stanno preparando un secondo incontro” sul lavoro delle Ambasciate in Turchia, mentre “sono in corso contatti telefonici e videoconferenze”, ha riferito il ministro degli Esteri russo Lavrov.

Nel frattempo, lo Zar ha fatto mostra dei suoi alleati. Incontrando a Mosca il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ha mandato i suoi saluti “amichevoli” al leader Xi Jinping, ricordando che è atteso in Russia per il 9 maggio, nell’80esimo anniversario del Giorno della vittoria sovietica contro il nazismo. “Sarà il nostro ospite principale”, ha dichiarato il presidente russo, mentre Wang ha sottolineato l’aspirazione di Pechino ad avere un “ruolo costruttivo nella risoluzione del conflitto”, sostenendo tuttavia Mosca nella difesa dei suoi “interessi”.

Parole che sembrano tradire quella posizione presentata come neutrale dal Dragone, ma mai davvero accettata da Kiev, che intanto deve fare i conti con una situazione sul terreno sempre più difficile. Se, infatti, Mosca sembra aver rallentato la sua avanzata per il quarto mese consecutivo, conquistando 240 chilometri quadrati a marzo – e un villaggio a sud-est negli ultimi giorni –, le forze di Putin hanno quasi completamente riconquistato il Kursk: al momento, gli ucraini sono presenti solo in una sacca di 80 chilometri quadrati nella regione russa, dove ad agosto 2024 erano riusciti a occupare circa 1300 chilometri quadrati in sole due settimane. Nel frattempo, le bombe continuano a cadere in tutta l’Ucraina, oltre 10mila in tre mesi. E nel Kherson, 45mila persone sono rimaste senza elettricità dopo gli attacchi russi. 

Intanto, Mosca si starebbe preparando a lanciare una nuova offensiva militare nelle prossime settimane per aumentare al massimo la pressione sull’Ucraina e rafforzare la posizione negoziale del Cremlino nei colloqui sul cessate il fuoco. Il piano di Vladimir Putin, mentre le trattative al tavolo procedono in modo laborioso, sarebbe stato svelato da fonti governative e militari ucraine. 

La strategia, secondo gli analisti, potrebbe consentire a Putin di posticipare le discussioni sulla tregua e favorire la conquista di ulteriori territori. Già annesse sarebbero le regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, sebbene controllate non totalmente. L’ulteriore espansione della presenza militare in altre regioni, come Sumy, permetterebbe a Mosca di presentarsi al tavolo in una posizione di deciso vantaggio.