MOSCA - Lo scontato risultato dei referendum condotti dai separatisti russi nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhizhia e l’annessione alla Federazione Russa di quei territori firmata dal presidente Vladimir Putin, cambiano lo scenario della guerra in Ucraina e imprimono una accelerazione verso una crisi internazionale che non ha precedenti nella storia recente.
Ora considerati parte del territorio russo dal Cremlino, le regioni ucraine conquistate dall’esercito di Mosca e inglobate nella Federazione, “saranno difesi con ogni mezzo”, ha detto Putin durante la cerimonia di venerdì alla quale erano presenti tra le prime file tutti i falchi che vogliono la guerra totale con l’Occidente, a partire dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev al leader ceceno Razman Kadyrov. L’Ucraina si rassegni, è dunque stato il messaggio del presidente russo: “Voglio che mi sentano a Kiev, che mi sentano in Occidente: le persone che vivono nel Lugansk, nel Donetsk, a Kherson e Zaporizhzhia diventano nostri cittadini per sempre”. E pertanto la scelta dell’annessione della popolazione delle quattro regioni ucraine non è più in discussione, ha continuato Putin, che però poi ha lanciato un amo a Kiev. L’Ucraina deve “cessare il fuoco cominciato nel 2014, siamo pronti a tornare al tavolo dei negoziati”.
Come prevedibile le parole del presidente russo non sono state affatto accolte bene a Kiev e il capo del governo ucraino Volodymir Zelensky ha immediatamente respinto l’offerta di negoziato, dicendo che non c’è nessuna possibilità di dialogo con la Russia finché Vladimir Putin ne sarà il presidente. Inoltre ha chiesto alla Nato di poter accelerare il processo di adesione del suo Paese nell’Alleanza. “Di fatto, - ha detto Zelensky in un video - siamo già nella Nato. Di fatto, abbiamo già dimostrato la compatibilità con gli standard dell’Alleanza”, standard che “sono reali per l’Ucraina, reali sul campo di battaglia e in tutti gli aspetti della nostra interazione. Ci fidiamo gli uni degli altri, ci aiutiamo a vicenda e ci proteggiamo a vicenda. Questa è l’Alleanza”. Pertanto ha continuato il presidente ucraino, “oggi l’Ucraina chiede di aderire alla Nato de jure. In modo accelerato. Compiamo il nostro passo decisivo firmando la domanda di adesione accelerata dell’Ucraina alla Nato”. Un atto che rischia di aggravare ancora di più la situazione, visto che sarebbe un oltrepassare la linea rossa fissata da Putin sin dall’inizio del conflitto.
Zelensky però sembra non dare più molto peso alle minacce russe, anche perché, stando alle ultime notizie che arrivano dal fronte le truppe ucraine sono riuscite ad ottenere nei giorni scorsi un’altra significativa vittoria, riuscendo a mettere di nuovo piede nel Lugansk, che fino ad oggi era interamente finito in mano ai russi. I soldati di Kiev sono infatti penetrati e hanno preso il controllo della cittadina di Krasny Lyman, snodo ferroviario strategico della regione e stavano quasi per circondare ben 5mila soldati russi, tant’è che i generali del Cremlino hanno dovuto ordinare una frettolosa ritirata delle truppe stanziate a Lyman per non farle finire in mano al nemico. Ammettendo la sconfitta il ministero della Difesa di Mosca ha comunque sottolineato che “l’esercito ucraino sta subendo perdite considerevoli a Krasny Lyman ma continua ad avanzare” e i russi nel frattempo hanno anche intensificato i bombardamenti in varie aree del fronte. Uno di questi bombardamenti ha anche centrato in pieno un convoglio di auto civili nella città di Kharkiv facendo strage di innocenti. Il bollettino è drammatico, con 24 morti tra cui una donna incinta e tredici bambini.
La perdita di Lyman, intanto, ha rovinato le celebrazioni di annessione che si stavano svolgendo al Cremlino e dato ancora una volta fiato alle voci dei nazionalisti e di chi vorrebbe andarci giù pesante. Il leader ceceno Kadyrov ha infatti chiesto la testa dei generali che hanno ordinato la ritirata e esortato il Cremlino ad attuare “misure più drastiche, fino alla dichiarazione della legge marziale nelle zone di confine e l’uso di armi nucleari a basso potenziale”.