ROMA – La decisione del Monte dei Paschi di Siena di lanciare un’Ops su Mediobanca “è stata presa dai manager della banca senese in maniera autonoma” e il ministero dell’Economia, come azionista, “ha solo preso atto”.  

Lo ha affermato il ministro Giancarlo Giorgetti nell’informativa urgente alla Camera sulla discussa vicenda, assicurando che il Mef “non ha esercitato alcuna ingerenza o pressione” nelle interlocuzioni con esponenti del sistema creditizio durante l’operazione. 

Giorgetti ha sottolineato che questa rispondeva all’esigenza di garantire “un futuro stabile” a Mps, in coerenza con l’obiettivo di rafforzare il sistema bancario nazionale, senza interferenze sui diritti di voto. L’Ops su Mediobanca, ha ricordato, è avvenuta “senza alcun esborso di risorse pubbliche” e in una fase in cui il Mef aveva già dismesso la partecipazione di controllo, liberando la banca dai principali vincoli imposti dalla Commissione europea, tra cui il divieto di nuove acquisizioni. 

Secondo il ministro, si è trattato di un’operazione deliberata all’unanimità dal consiglio di amministrazione di Mps. Il Mef ha votato a favore, nell’assemblea del 17 aprile, dell’aumento di capitale a servizio dell’Ops, approvato da oltre l’80% degli aventi diritto. Le adesioni all’offerta, ha aggiunto, hanno raggiunto l’86,3% del capitale di Mediobanca. 

Per quanto riguarda invece la vendita delle quote pubbliche di Mps, il ministro ha spiegato che l’ultima operazione, realizzata nel novembre 2024, è stata curata da Banca Akros attraverso il bookbuilding, cioè una procedura con cui si raccolgono le offerte degli investitori per stabilire prezzo e quantità delle azioni da vendere. Il Mef, ha precisato, non conosceva in anticipo né chi fossero gli investitori né quanti sarebbero stati, informazioni emerse solo al termine della procedura. 

La scelta di è stata motivata dalle “migliori condizioni” offerte per massimizzare l’introito per lo Stato. A seguito di una domanda superiore a due volte l’offerta e di un premio di oltre il 5% sul prezzo di chiusura, il Mef ha incrementato la quota ceduta dal 7% al 15%. 

Quanto alla partecipazione residua del Mef, pari al 4,86%, ogni decisione futura “non sarà adottata in una logica di mera cassa ma strategica”, in considerazione della rilevanza del risparmio per la sicurezza economica nazionale. Giorgetti ha ribadito che il Mef non presenterà liste per il rinnovo del consiglio di amministrazione. 

Il ministro ha inoltre evidenziato che, complessivamente, le cessioni delle azioni Mps hanno garantito allo Stato introiti per circa 2,6 miliardi di euro, a fronte di un investimento di circa 1,6 miliardi nel 2022, con una quota residua oggi valorizzabile intorno a 1,2 miliardi.  

Dopo l’aumento di capitale del 2022 e il piano di rilancio, il titolo Mps è salito da 1,95 euro a oltre 8 euro per azione. Gli introiti, ha ricordato, sono stati destinati alla riduzione del debito pubblico. 

Giorgetti ha infine richiamato una nota della Commissione europea del 21 ottobre 2025, che ha concluso come la procedura di dismissione sia stata “aperta, trasparente e competitiva”, respingendo quindi i rilievi sollevati dall’esposto di Mediobanca. 

Nel dibattito parlamentare, la Lega ha difeso l’operazione. “Mps è stato un problema sistemico e il successo è stato saper uscire bene dal capitale”, ha detto Giulio Centemero, escludendo qualsiasi svendita. Fratelli d’Italia, con Marco Osnato, ha sostenuto che la banca fosse “sull’orlo del fallimento” e che il governo l’abbia risanata, restituendo risorse agli italiani. 

Di segno opposto le critiche delle opposizioni. Per il Pd, con Virginio Merola, l’informativa “non risponde alle vere domande” e nasconde “interessi di parte”, contestando modalità e tempi delle cessioni.  

Ancora più duro il Movimento 5 stelle: Marco Pellegrini ha accusato Giorgetti di avere “le mani in pasta nel risiko bancario”, parlando di intrecci e coincidenze che, a suo giudizio, smentirebbero la tesi dell’assenza di ingerenze da parte del governo.