Il naso costantemente chiuso e la sensazione di non riuscire a respirare. È così che vivono i pazienti affetti dalla sindrome da naso vuoto, in crescita per colpa dell’aumentata richiesta di chirurgia funzionale nasale. I ripetuti interventi chirurgici di riduzione dei turbinati inferiori, le strutture osteo-mucose poste all’interno delle cavità nasali, sono all’origine del sintomo paradosso tipico di questa sindrome: più si asporta tessuto con le operazioni, più il paziente ha la sensazione che ci sia un’ostruzione da eliminare.
Il sintomo del naso-paradosso porta la persona a rivolgersi nuovamente al chirurgo che, intervenendo nuovamente, potrebbe aggravare la situazione. A quel punto in alcuni pazienti si potrebbe arrivare a danni irreversibili delle delicate strutture del naso, simili a ciò che avviene in coloro che fanno abuso di cocaina. L’aria non segue più un flusso dinamico, ma turbolento e il paziente non percependo più il flusso dell’aria per la distruzione dei recettori mucosali, lamenta un’ostruzione cronica.
Spesso si accompagna a infezioni locali: sulle croste si annidano dei patogeni che provocano una particolare forma di rinite cronica con la percezione di cattivo odore continuo, un sintomo molto fastidioso che penalizza la qualità della vita del paziente. Esistono varie tecniche per ricostruire i turbinati inferiori. La più recentemente ideata prevede di ruotare lateralmente la mucosa dal pavimento del naso dello stesso paziente senza utilizzare materiali estranei o prelevati da altre zone, a eccezione di un inserto di cartilagine del padiglione auricolare.
La popolazione che finora si è sottoposta all’intervento, fra il 2019 e quest’anno, fa parte della fascia di età fra i 40-50 anni. I risultati sono molto buoni anche in base ai test specifici. La modalità è in day hospital, con un recupero ottimale in pochi giorni e senza rischio di rigetto perché il tessuto è autologo e proviene dalla stessa sede. Per ottimizzare la neo struttura inoltre è possibile intervenire con delle iniezioni di acido ialuronico per aumentarne il volume.
Rifarsi il naso non è più di moda
Un naso aquilino non è più un problema per le donne. O almeno questo è quanto suggerisce il crollo del numero delle rinoplastiche, calate del 43% rispetto al 2000. Colpa della crisi? Della pandemia? Non proprio: secondo gli storici del naso (esistono davvero!), dopo decenni di rinoplastiche, le donne stanno vivendo una nuova fase di accettazione della diversità. Compresi quei difetti che non possiamo modificare con sfiancanti sessioni in palestra. Persino le attrici di Hollywood hanno iniziato a fare outing sulle rinoplastiche che per anni avevano smentito.
Era dalla nascita della rinosettoplastica negli anni ’20 che l’intervento non subiva un’inversione di tendenza. Per decenni chiunque avesse un naso non in linea con i canoni estetici (e potesse permetterselo...) correva ai ripari. Soprattutto le attrici del cinema che però puntualmente giustificavano l’intervento incolpando un “setto deviato dalla nascita”. Negli anni ’90 poi, la rinoplastica è diventata una tappa fondamentale tra le ragazze ebree: “A un certo punto festeggi il tuo bat mitzvah e poi ti sottoponi all’intervento al naso”, spiegò all’epoca un noto chirurgo plastico.
Tra le dive del cinema che secondo i guru di Hollywood avrebbero avuto bisogno di un ritocchino al naso c’era anche Sophia Loren. Era appena arrivata a Los Angeles quando le fu subito proposta una rinoplastica. Rifiutò. “Mi dissero che il mio naso era troppo lungo e che la mia bocca era troppo grande. Non mi ferì più di tanto perché quando sono convinta di una cosa sono pronta alla guerra”. Non cambiò idea nemmeno quando suo marito Carlo Ponti le disse: “Sai, anche il cameramen pensa che il tuo naso sia troppo lungo. Forse dovresti ritoccarlo giusto un pò”. “Ascolta - rispose la Loren - non voglio cambiare nulla del mio viso. Mi piace così com’è. Se dovessi essere costretta a ritoccarmi il naso, tornerei a Pozzuoli”. “A quell’epoca - spiegò in seguto l’attrice - andavano di gran moda i nasi alla francese, all’insù. Riuscite a immaginarmi con un naso del genere?”.
L’analisi sull’accettazione della diversità stride con le statistiche. Secondo i dati dell’ultimo rapporto ISAPS ((International Society of Aesthetic Plastic Surgery) )relativo al 2017, mentre l’Italia è al quarto posto, l’Australia non figura tra le prime 10 nazioni del mondo per numero di interventi di chirurgia plastica estetica. E al primo posto ci sono proprio gli Stati Uniti con oltre 4 milioni e 200.000 operazioni all’anno, circa il 18% del totale mondiale. Al secondo posto si piazza il Brasile e al terzo il Giappone. Dopo noi italiani, tra gli amanti della chirurgia estetica ci sono i messicani, i russi, gli indiani, i turchi, i tedeschi e i francesi.
Per quanto riguarda poi le procedure di chirurgia plastica estetica più richieste al mondo, al primo posto si conferma la mastoplastica additiva, l’operazione di aumento del seno, che ha un aumento progressivo di casi a doppia cifra anno su anno. Al secondo posto si piazza invece la liposuzione (l’intervento di aspirazione del grasso corporeo), davanti alla blefaroplastica (il trattamento per poter dare una nuova giovinezza allo sguardo) e, infine, la rinoplastica e l’addominoplastica. Forse un naso lungo non è più un problema ma, stando alle statistiche, ci vorrà ancora del tempo per accettare un seno piccolo o i cuscinetti di grasso sulle cosce.
La timidezza e la decisione di ridursi il seno
Alla sua sesta di seno deve anche parecchio per il suo ruolo nel bondiano “Il mondo non basta” che vent’anni fa l’ha fatta entrare nella leggenda come Bond girl”. L’attrice Maria Grazia Cucinotta ha rivelato però che è stato il pianto di sua madre a salvarla dal grandissimo errore di ridursi il seno qualche mese dopo il suo addio alla Sicilia.
“Ho la sesta, ereditata da tutte le donne della mia famiglia, una gigantesca misura che mi aveva sempre creato imbarazzo. Il mio seno lo consideravo un incubo, soprattutto da ragazzina quando mi sentivo addosso anche gli occhi e le battutacce degli adulti. Quando l’agenzia per la quale avevo cominciato a lavorare dopo miss Italia, visto che il mio seno non era adatto al lavoro di modella, mi ha proposto di finanziare l’intervento, ero contenta di potermi liberare di quel peso. Mi ero convinta, avevo già fatto le prime visite e avevo l’appuntamento fissato per l’operazione di riduzione quando ho telefonato a mia madre per informarla. Lei si mise a piangere facendomi sentire uno schifo… Mi disse che se non mi accettavo come ero significava che lei aveva fallito come madre. Annullai l’operazione e fu la mia fortuna”.