Dopo il successo di “Esterno notte” tra le Grandi Serie ai Nastri d’Argento 2023, Marco Bellocchio ha trionfato con “Rapito” che è stato premiato come miglior film e per la migliore regia, ma anche per la migliore attrice protagonista Barbara Ronchi, per la sceneggiatura di Bellocchio e Susanna Nicchiarelli in collaborazione con Edoardo Albinati e Daniela Ceselli, per l’attore non protagonista Paolo Pierobon e per il montaggio di Francesca Calvelli e Stefano Mariotti. Il film, drammatica e minuziosa ricostruzione storica, ha vinto anche per la produzione IBC Movie (Beppe Caschetto) Kavac Film (Simone Gattoni) e Rai Cinema (Paolo Del Brocco). 

E’ stata invece premiata con il Nastro d’Argento alla carriera Giovanna Ralli, 88 anni, che nell’occasione ha raccontato un pezzo della sua infanzia a Testaccio. “Quando sentivo mio padre fischiare per le scale di casa, io e mia madre ci guardavamo e capivamo che aveva vinto alle corse dei cavalli. Allora si preparavano i pomodori al riso e si andava da Orlando, una trattoria dove si potevano

portare i cibi propri”. 
“Mio padre - ha continuato l’attrice - che lavorava in un forno vicino piazza Fiume, aveva il vizio del gioco e perdeva quasi sempre. In quel caso non fischiava, ma tornava a casa dicendo: “Il mio cavallo non è arrivato per una testa”. “Sono cresciuta sotto i bombardamenti - ha aggiunto - e a dieci anni ero già una donna. Mi ricordo la guerra, me la ricordo bene, come se fosse ieri. Mi ricordo quando i fascisti andavano a prelevare i ragazzi nei loro appartamenti”.

Cos’è per lei questo Nastro d’Argento? “Il fatto che sia alla carriera mi riporta indietro nel tempo, a quando mi alzavo alle quattro di mattina per andare a Cinecittà a fare la figurante”. Poi nel 1950 arrivò “Luci del varietà” di Alberto Lattuada e Federico Fellini, in cui una sconosciuta Ralli era una ballerina in coppia con un’altrettanto sconosciuta Sofia Loren. 

“E poi ancora ‘Villa Borghese’ di Gianni Franciolini, film in sei episodi, che ebbe un successo enorme e mi fece capire che dovevo continuare questa carriera e che dunque dovevo studiare. Chiamai così in casa una professoressa per istruirmi un po’. A quel tempo tutti facevano a gara nel regalarmi dei libri, da Roberto Rossellini a Scarpelli”. 

Il personaggio più amato? “Sicuramente Elide Catenacci di ‘C’eravamo tanto amati’ di Ettore Scola. È il carattere che mi ricorda più me stessa, era una donna che, proprio come me, non sapeva se mettere l’acca prima o dopo la o”. 

La persona più importante che ha incontrato? “Sicuramente mio marito, l’avvocato matrimonialista Ettore Boschi. Siamo stati insieme trentotto anni e ancora mi manca. L’amore per me resta la cosa più importante della vita e considero amore anche l’amicizia. Non si può vivere senza”. Rimpianti? “Quello di non aver avuto figli, ho cominciato a lavorare troppo presto”. 

È vero che Alberto Sordi le faceva la corte? “Non è vero, mi sarei messa a ridere. È vero però che veniva spesso a casa mia quando ero sposata. Voleva mangiare solo spaghetti al pomodoro. Diffidava sia del pesce che dei funghi pensando che potessero fargli male”. 
Il film che ha amato di più? “Sicuramente ‘Bellissima’, con una straordinaria Anna Magnani che era, tra l’altro, una mia grande amica. Ma va detto che lei era una donna colta, conosceva ben due lingue”. 

Nel 1964 Blake Edwards vedendo il film “Se permettete parliamo di donne” le propose un provino... “Partii per Los Angeles in nave e feci la traversata studiando inglese con una coach - spiega -. Ero l’unica donna sul set e avevo come camerino una roulotte leopardata lunghissima, ma lavorare all’estero non è per me, devi sapere la lingua e ci vogliono dieci anni”. 

Tornando alla sua infanzia, com’erano le sue domeniche in famiglia? “Niente di speciale e allo stesso tempo bellissime. Prendevamo la Circolare rossa che ci faceva fare un giro della città e poi, subito dopo, quella verde che te la faceva vedere attraversando altri quartieri”.