CROTONE - Passano da 113 a 88 le parti civili nel processo sui presunti mancati soccorsi all’imbarcazione il cui naufragio a Steccato di Cutro è costato la vita a 94 persone tra cui 35 minori con un numero imprecisato di dispersi. Sono 25, infatti, le parti civili non ammesse dalla Gup del Tribunale crotonese, Elisa Marchetto, che la scorsa settimana ha sciolto la riserva sulle eccezioni presentate dai difensori dei quattro militari della Guardia di Finanza e dei due della Guardia costiera accusati dalla Procura della Repubblica del capoluogo calabrese di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.
Lo scorso 26 maggio, i difensori degli imputati avevano chiesto l’esclusione di 27 tra associazioni, partiti ed enti ritenendo infondate le richieste, e di 67 persone tra superstiti e vittime della strage sia per questioni formali nella presentazione della costituzione di parte civile che per la mancata verifica di rapporti di parentela. La Gup, rigettando le eccezioni della difesa, ha ammesso come parte civile tutti i superstiti e i familiari delle vittime del naufragio sostenendo che le contestazioni della difesa “attengono al merito” e che “l’effettiva sussistenza e consistenza potrà e dovrà essere dimostrata nel corso del processo”.
Ammessa anche la costituzione di parte civile per le principali Ong: Handbreit - Nautical Safety Solutions gGmbH, Emergency, Sea Watch, Sos Mediterranee Italia, Mediterranea Saving Humans, Sos Humanity, poiché, ha scritto la Gup, “si occupano di soccorsi in mare, perseguendo quale primario obiettivo, nel quale sono immedesimate, la tutela della vita e l’incolumità individuale”. Tra le richieste non ammesse, invece, ci sono quelle presentate dai due pachistani – Hasab Hussein e Khalid Arslan –, che sono stati condannati perché riconosciuti colpevoli di essere tra gli scafisti del caicco naufragato. Tra gli altri la Gup ha rigettato la costituzione di parte civile della Regione Calabria, per la quale era stata comunque chiesta la revoca dalla stessa parte, e, tra le altre, quelle di Rifondazione Comunista, Arci nazionale, Mem.Med. Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, Melting Pot, Cittadinanza attiva e dell’associazione Sabir che è stata in prima linea nell’assistenza ai superstiti e alle famiglie delle vittime in occasione del naufragio. L’udienza preliminare proseguirà il 9 giugno prossimo. Non è certo che la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio per i militari sia presa in quella data.
La strage di Cutro avvenne nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023: un caicco partito dalla Turchia e carico, secondo le testimonianze, con almeno 180 migranti. Il natante si arenò su una secca a poche decine di metri dalla costa di Steccato di Cutro, nei pressi della foce del fiume Tacina. L’impatto con la secca espose l’imbarcazione già in difficoltà di navigazione alla violenza delle onde del mare tra forza 4 e forza 5, che rovesciarono e distrussero il natante. A soccorrere per primi i naufraghi furono due pescatori del luogo, che sentirono il frastuono del disastro e le grida di chi era in difficoltà e allertarono i carabinieri e altra gente del luogo per correre in aiuto. Il bilancio ufficiale, come detto, parla di 94 morti, di cui 35 minori.
Nel buio più completo e al gelo della notte, i volontari e i carabinieri salvarono chi era ancora vivo, cominciando a estrarre dall’acqua numerosi corpi senza vita spinti verso la riva dalla violenza delle onde. Alle prime ore dell’alba il bilancio appariva già drammatico: il caicco sbriciolato veniva trasportato dalla risacca e decine erano già i corpi distesi sulla sabbia e coperti da sudari bianchi; intanto, era scattata un’imponente macchina di ricerca e salvataggio di altri eventuali superstiti, oltre ai 54 già recuperati, ma il mare molto mosso continuava a restituire di ora in ora cadaveri.