TORINO - Polizia e Carabinieri torinesi, assieme a vigili del fuoco e polizia locale, hanno sgomberato all’alba a Torrazza Piemonte, in provincia di Torino, la villa dell’affiliato alla ‘Ndrangheta Rocco Schirripa. All’interno dell’immobile, che risulta confiscato nel 1998, viveva ancora da quasi trent’anni la famiglia del pregiudicato, nonostante il bene fosse stato destinato al Comune.
Schirripa fu arrestato in quanto ritenuto responsabile dell’omicidio del procuratore della Repubblica, Bruno Caccia, avvenuto nel capoluogo regionale piemontese il 26 giugno del 1983. Per quel delitto è in carcere per scontare la pena dell’ergastolo. Nel 2015 la Corte di Cassazione confermò la sua condanna con l’art.416 bis in quanto appartenente alla ‘ndrina locale di Moncalieri, “con il ruolo di padrino”.
Era domenica 26 giugno 1983 quando Caccia aveva, come era solito fare, deciso di concedere un giorno di riposo alla propria scorta. Alle 23.30, mentre portava a passeggio il proprio cane, venne affiancato da una macchina, una Fiat 128 di colore verde, con almeno due uomini a bordo: venne freddato con 14 colpi, alcuni esplosi a distanza ravvicinata. Soltanto un mese prima dell’omicidio aveva revocato la domanda per il posto di procuratore generale di Torino.
Le indagini inizialmente si concentrarono sulla pista terroristica, erano gli anni di piombo e per di più le indagini di Caccia riguardavano in modo diretto molti brigatisti. Il giorno seguente, le Brigate rosse rivendicarono l’omicidio, ma presto la rivendicazione risultò falsa. Inoltre, nessuno dei brigatisti in carcere rivelò che fosse mai stato pianificato l’omicidio del magistrato cuneese. L’imbeccata giusta arrivò da un mafioso in galera, Francesco Miano, boss del clan dei catanesi che si era insediato a Torino.