Un’associazione che si dedica a diffondere la conoscenza della lingua e cultura italiana dal 1999. E lo fa nel nome di uno scrittore dimenticato persino in patria, Corrado Alvaro, considerato invece dai fondatori come un incrocio tra nume tutelare e padre simbolico.
Calabrese, esponente della corrente meridionalista del neorealismo (insieme con il molisano Francesco Jovine), Corrado Alvaro ha rappresentato la vita dei pastori delle montagne dell’Aspromonte. Una vita dura, resa più difficile da una natura ostile e da padroni oppressivi, una condanna alla miseria. Condizioni che gli italiani (calabresi in particolare) che decidevano di emigrare dall’altra parte dell’oceano ben conoscevano.
“Nel 1999 eravamo tutti giovani e pieni di entusiasmo”, dice Silvana Lapenta, presidente dell’associazione, una laurea in Lettere conseguita in Argentina e studi di perfezionamento in Italia, all’Università per Stranieri di Perugia, alla Ca’ Foscari di Venezia e a Firenze.
“Il nostro obiettivo era diffondere la lingua e la cultura italiana nella zona Ovest del conurbano di Buenos Aires: Ramos Mejía, dove ha sede l’associazione, Morón, Caseros… Del resto, se si vuole mantenere viva una lingua bisogna parlarla il più possibile. Per esempio con mia figlia, oggi 19enne, in casa ho sempre parlato italiano”.
Mamma calabrese, papà campano, Silvana sostiene di avere ereditato da entrambi i genitori qualcosa dello spirito dei due popoli: dal padre la gioia di vivere e l’amore per la musica ("anche se poi canto solo sotto la doccia" scherza); dalla vena calabrese della madre, la nostalgia, la resilienza, la capacità di non arrendersi mai.
“Il nostro obiettivo è far conoscere l’Italia di oggi in tante sfaccettature – spiega Silvana –. La società e la lingua sono cambiate rispetto ai tempi in cui ci vivevano i nostri nonni”.
È necessario, da una parte, conservare la memoria, dall’altra aprire gli orizzonti.
“Sul piano dell’insegnamento dell’italiano, questo significa ripulire con delicatezza la lingua degli studenti da interferenze dialettali trasmesse in famiglia – dice Silvana – ma sempre rispettando la storia e la sensibilità personale. I dialetti sono bellissimi, ma chi studia deve essere in grado di distinguerli dall'italiano”.
E in segno di omaggio a chi, il dialetto, lo parlava come lingua madre, l’associazione ha realizzato alcuni anni fa la mostra “Huellas de la identidad” (tracce dell’identità), basata su oggetti e fotografie dei nonni di soci e amici, che è stata ospitata in diversi centri culturali della provincia di Buenos Aires.

Una foto di gruppo, presente anche Gaetano Maricchiolo (destra)
Sette anni fa in associazione è arrivato Gaetano “Tanino” Maricchiolo, messinese doc, ultimo discendente di una dinastia di fotografi. “Mio nonno negli anni ’30 girava nei paesini del Messinese e faceva ritratti alle persone del luogo, che lo pagavano con provviste di cibo – ricorda –. Ha insegnato il mestiere a papà e lui a noi figli”.
Tanino ha lavorato come fotografo per molti anni, fino a che non ha deciso di fare nuove esperienze: “Per questo mi sono trasferito a Buenos Aires, dove ho conosciuto Silvana e mi sono fatto coinvolgere nel progetto culturale” racconta.
Tanino porta il proprio bagaglio di italianità e di sicilianità, indissolubilmente legate. “Cerco di far conoscere la bellezza dell’Italia fuori dai classici itinerari turistici – spiega –. Il barocco di Noto, in Sicilia, la natura delle isole Eolie… Ma anche i miei cantautori preferiti: Renato Zero, Lucio Dalla, De Gregori…O fenomeni più recenti, come Gabbani”.

Una foto da una delle attività di maggior successo dell’associazione: l'incontro di lettura, una volta al mese
Ancora, si deve parlare di più delle donne, a cominciare dall'astronauta Samantha Cristoforetti, o di grandi campioni sportivi di discipline meno convenzionali, come l’apneista Enzo Maiorca (altro siciliano doc) o il velocista pugliese Pietro Mennea. E smontare qualche luogo comune, per esempio l’idea che l’italiano sia tirchio.
“In un Paese come l’Argentina, colpita da inflazione galoppante – spiega Silvana –, si fatica a capire lo spirito del ‘mettere da parte’ che animava le famiglie degli immigrati”.
“Non si tratta solo di riunirsi per discutere di un libro", aggiunge.
Ogni incontro prevede una messa in scena tematica – un’ambientazione legata al contenuto del libro per entrare nel mondo dell'autore – e un momento conviviale. Il prossimo appuntamento, l’11 giugno alle 16.30, nella biblioteca J. B. Alberdi di Caseros, sarà dedicato a Dacia Maraini.
Per informazioni, è possibile visitare la pagina Facebook e il profilo Instagram.