BRUXELLES - Un Consiglio Europeo straordinario per tempi straordinari. Raramente come questa volta, al Palazzo Justus Lipsius si è avvertita la tensione nella riunione dei capi di Stato o di governo dell’Unione europea. Si deve parlare di difesa, tanto dell’Europa come dell’Ucraina. Non ci saranno altri ospiti, questa volta.
Venerdì, il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e l’Alta rappresentante Kaja Kallas, faranno un debriefing ai leader extra-Ue che negli ultimi giorni sono diventati partner fondamentali nella partita: Regno Unito, Norvegia e Turchia in primis.
I Ventisette si confronteranno serratamente tra loro, senza consiglieri diplomatici o ambasciatori. Dovranno lasciare i cellulari fuori dalla stanza: massimo riserbo per uno dei momenti più delicati della storia dell’Unione. Tutto però dipenderà dall’esito del summit: “La consapevolezza che l’Europa debba diventare più autonoma nella gestione della propria sicurezza è ormai condivisa da (quasi) tutti i leader europei.
Il cambiamento nella posizione della nuova amministrazione statunitense e il suo dialogo con la Russia hanno creato una nuova dinamica che rende urgente una risposta chiara e coordinata da parte della Ue”, spiega un alto funzionario dell’Unione, che lavora alla preparazione del vertice. Il timore è che non tutti mettano nero su bianco, nelle conclusioni, questo assioma.
I contrari sono ancora loro: il premier ungherese, Viktor Orban, e il premier slovacco, Robert Fico. Hanno già fatto sapere ufficialmente che non condividono le conclusioni sull’Ucraina, in cui viene delineato il principio di “pace con la forza” e di conseguenza che non ci possa essere un cessate il fuoco che non faccia parte di un piano di pace così. Viene ribadita la necessità del coinvolgimento di Kiev e della Ue al tavolo dei negoziati e del mantenimento dell’integrità territoriale del Paese invaso dalla Russia.
“Il presidente Costa cercherà fino all’ultimo di trovare un compromesso per evitare che il vertice si concluda senza una posizione unanime”, racconta una fonte europea.
“Non è stato preso in considerazione un piano B rispetto all’approvazione unanime delle conclusioni. Un’eventuale dichiarazione separata della presidenza o addirittura una dichiarazione a venticinque non trasmette un messaggio positivo, specie agli americani”, aggiunge un altro diplomatico.
I Ventisette, sostanzialmente, devono concordare la propria posizione sull’Ucraina e sulle eventuali garanzie di sicurezza che possono fornire per accompagnare l’accordo di pace, anche per venire incontro alle richieste degli Stati Uniti. “Qualsiasi soluzione per l’Ucraina non potrà prescindere dal coinvolgimento di Washington. È irrealistico pensare che l’Europa possa agire da sola, sia a livello militare che diplomatico”, mette in chiaro una fonte diplomatica europea. Detto questo, nessuno nega che l’Unione europea debba aumentare la propria difesa anche per soddisfare almeno in parte le pretese del presidente americano, Donald Trump.
Il confronto partirà dalle proposte avanzate da von der Leyen nel suo piano ReArm Europe: il prestito congiunto da 150 miliardi di euro, la sospensione del Patto di stabilità per permettere agli Stati di investire nella difesa, la possibilità di utilizzare i fondi di Coesione per il riarmo, il maggiore impegno della Banca europea per gli investimenti, e l’aumento dei fondi privati.
I punti più discussi saranno i primi due. Sui 150 miliardi di euro di prestiti congiunti i frugali chiedono garanzie sulla destinazione di quei fondi e la possibilità che siano almeno in parte trasferiti all’Ucraina; così come vorrebbero il coinvolgimento anche di Paesi partner extra-Ue. “Se un’azienda norvegese apre una fabbrica di munizioni nell’Ue, deve poterne beneficiare”, ha spiegato un diplomatico.
La Francia insiste invece sulla componente “Made in Europe”, per evitare che una buona percentuale di questi soldi finisca nelle tasche di imprese americane. Dal Parlamento europeo arrivano le prime proteste sulla decisione di ricorrere alla procedura d’urgenza dell’art.122 che prevede un’approvazione a maggioranza qualificata al Consiglio senza passare dal voto dell’aula (essendo appunto procedura d’urgenza).
Il dibattito si fa ancora più infuocato quando si parla di Patto di stabilità. I “frugali”, guidati da Paesi Bassi e Austria, non vogliono sentire ragioni: si può spendere di più rispettando le regole attuali. La Germania – con il futuro cancelliere Friedrich Merz che ha annunciato più spese militari per 500 miliardi – sembra abbandonare l’abito frugale e chiedere addirittura di valutare la modifica del Patto di stabilità, per permettere l’estensione della clausola di sospensione per un periodo di tempo maggiore.
Infine, i leader tornano a fare pressione sulla Banca europea d’Investimento, affinché apra di più agli investimenti nella difesa e non si limiti ai settori a uso duale. L’Unione vuole inviare un segnale chiaro agli investitori privati, tra cui fondi pensione e istituzioni finanziarie, affinché considerino il settore della difesa un investimento strategico. Le attuali regolamentazioni Esg, che equiparano la difesa a investimenti controversi come il tabacco o il gioco d’azzardo, sono considerate un freno allo sviluppo del settore. Si discute quindi di rimuovere tali barriere “per stimolare un maggiore afflusso di capitali privati”, spiega un ambasciatore.