Gli anni dei grandi ‘esodi’ di intere generazioni di giovani italiani, con il picco numerico tra gli anni ‘50 e ‘80, hanno segnato le storie di migliaia di famiglie: alcune ci hanno regalato incredibili lieti fine, ma che non potevano arrivare senza anni e anni di sofferenze, mancanze e attese, infinite attese, ritardi, viaggi, cartoline e foto di genitori che invecchiano a distanze impensabili, soprattutto in anni dove i trasporti erano meno semplici.

La signora Pina Santomartino, al secolo Pina Lauria, originaria di Grumento Nova, piccolo Comune lucano della provincia di Potenza, di attese ne ha vissute. Una tra tutte, quella per il suo papà, conosciuto solo poco prima il compimento di diciotto anni. Una storia questa che vedrà tanti lettori immedesimarsi e capire quella sensazione di assenza di qualcuno che si conosce poco in persona, ma del quale si sa tutto attraverso i racconti dei parenti, con tutte le fantasie frammentate generate dalle cartoline e le foto ingiallite ricevute.

“Mio padre, Pasqualino Lauria, si trasferì qui in Australia nel marzo del ‘53, circa cinque mesi prima della mia nascita a luglio, lasciando anche mia mamma a crescere mio fratello, classe ‘48, e mia sorella, nata nel ‘50. Come tanti italiani, anche lui cercava di costruire una vita migliore per la sua famiglia al di fuori dell’Italia”, racconta Pina durante una chiacchiera presso la Federazione Lucana, dove tutt’oggi è impegnatissima tra decine di mansioni. 

Crescere senza papà, una sensazione strana, soprattutto perché mentre lui stava vivendo, e lavorando tanto, dall’altra parte del pianeta: “Inizialmente viveva con suo fratello, poi, anni dopo comprò una casa - continua Pina, raccontando di quella casa che poi la ospiterà -. Nel frattempo, lui mandava lettere, ci aiutava economicamente e durante questi lunghissimi diciotto anni, le vicissitudini della vita hanno reso impossibile l’atto di richiamo nei primi anni. Il tutto mentre papà provava a comprare un posto degno da offrirci e mentre mia madre accudiva i miei nonni, oramai anziani e non autosufficienti”. 

Intanto Pina cresceva, tra cartoline e il sogno di abbracciare per la prima volta un papà che c’era, ma non c’era allo stesso tempo: mentre lei compiva diciotto anni e studiava al collegio cattolico per diventare maestra d’asilo nido, il fratello ventitreenne si stava per sposare. Un’occasione questa che le porta una sorpresa, forse la più grande della sua vita: “Mio madre annunciò l’arrivo di papà per il matrimonio di mio fratello - racconta Pina, che ancora oggi si emoziona nel riavvolgere il nastro di un ricordo indelebile -. Il giorno che lo incontrai ero in collegio per un esame, e la direttrice mi fece chiamare poiché ‘un signore venuto dall’estero mi voleva vedere’”. Il cuore batteva forte, e ancora oggi lo fa, mentre Pina con gli occhi lucidi ancora non sa spiegare pienamente le emozioni del primo incontro con colui che era ancora una sorta di ‘fantasma’, il ‘signore che veniva dall’estero’, papà Pasqualino.

“Quel giorno dovevo fare l’esame di italiano per l’ultimo anno. Ma la direttrice mi promosse senza esame proprio perché il ‘signore’ era arrivato e aspettava fuori dall’edificio - racconta con la voce rotta dall’emozione -. Una volta uscita l’ho visto: aveva un’impermeabile dietro le spalle e una borsa. Dopo diciotto anni, questa figura di fantasia si era materializzata ed è stata un’emozione bellissima che non so spiegare. L’ho abbracciato, e lui aveva questo bel sorriso e mi disse ‘adesso andiamo al paese con il taxi’”, continua Pina, poi scherzando sul papà: “Me lo aspettavo più grande”. 

Pasqualino, amava farsi chiamare così, “sempre vestito elegante”, come spiega Pina, avrebbe poi provato a portare moglie e figli con sé al ritorno in Australia. Pina e la mamma intrapresero il viaggio, mentre suo fratello e sua sorella decisero di proseguire le proprie vite, oramai già avviate, in Italia: “Fu veramente difficile adattarsi al nuovo Paese, soprattutto per mia madre”, continua, raccontando di colei che forse è la vera eroina della storia, in attesa dell’amato marito, con tre figli, mentre accudiva anche i genitori anziani, che poi ha dovuto adattarsi all’Australia, il tutto cercando di mantenere il nucleo familiare solido. E ci è riuscita: “Finalmente però mi sentivo parte di una famiglia vera, e non solo attraverso cartoline e fotografie. Piano piano mi sono adattata e ho trovato tante persone come me, amici, amiche e poi Leonardo, che oggi è mio marito”, spiega Pina, raccontando di come, per lei come per tanti italiani in difficoltà, la comunità italiana che oggi ancora vive nei circoli e club, ha veramente offerto un’accoglienza fondamentale per tutti coloro che provavano ad adattarsi al ‘nuovo mondo’.