CANBERRA - In un’intervista a Sky News, Netanyahu ha affermato che il primo ministro australiano “ha compromesso per sempre la sua reputazione” per aver riconosciuto lo Stato di Palestina e per non aver mostrato fermezza contro Hamas.

Nei giorni scorsi, Netanyahu aveva già definito Albanese un “politico debole” e accusato Canberra di aver abbandonato la comunità ebraica locale.

Lo scontro è esploso dopo che il governo australiano ha negato un visto a un esponente israeliano di estrema destra invitato per una serie di conferenze. In risposta, Israele ha cancellato i visti a tre rappresentanti australiani presso l’Autorità Palestinese e imposto controlli più severi sulle richieste di ingresso da parte di cittadini australiani.

La vicenda ha preoccupato la comunità ebraica australiana: Daniel Aghion, presidente dell’Executive Council of Australian Jewry, ha scritto a entrambi i leader invitandoli a “scegliere il silenzio anziché il conflitto verbale”, sottolineando che a pagare le conseguenze rischia di essere la coesione sociale interna.

Da Canberra, il ministro della Sanità Mark Butler ha definito le parole di Netanyahu “ridicole”, ribadendo che l’Australia intende perseguire politiche in linea con il proprio interesse nazionale e mantenere l’unità interna di fronte alle tensioni mediorientali.

Anche il ministero degli Esteri palestinese ha condannato l’atteggiamento di Netanyahu, accusandolo di “porsi in conflitto con il consenso internazionale sulla soluzione dei due Stati”.

Sul piano politico interno, l’opposizione guidata da Sussan Ley ha colto l’occasione per rivolgere una critica a Albanese, accusandolo di “gestione fallimentare” dei rapporti con Israele e chiedendo di ristabilire immediatamente canali diplomatici più stabili.

Secondo l’analista Charles Miller dell’Australian National University, la rottura con Israele potrebbe avere ripercussioni indirette sulla cooperazione in materia di intelligence e sulle relazioni con Washington. Tuttavia, l’esperto ritiene che non si debba sopravvalutare il ruolo degli Stati Uniti, ricordando che l’orientamento filo-israeliano americano non è immutabile.

La crisi si inserisce in un contesto internazionale ancora più complesso: la Corte internazionale di giustizia ha emesso un mandato di arresto contro Netanyahu con accuse di crimini di guerra a Gaza, accuse respinte da Israele. In questo quadro, l’Australia sembra trovarsi in bilico tra il rafforzamento della propria credibilità internazionale e il rischio di deteriorare alleanze storiche.