LONDRA – Nigel Farage ha seguito il solco tracciato dall’amico Donald Trump lanciando un piano drastico per i rimpatri di massa dei migranti nel Regno Unito, che a suo avviso rappresentano un “flagello” per i britannici e una “minaccia” all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale.
Come il presidente americano anche il leader del populista Reform UK ha puntato molto sulla scenografia per presentare al pubblico e ai giornalisti la sua “Operation Restoring Justice”: ha parlato all’interno di un hangar dell’aeroporto di Oxford come prospettiva o presagio di quello che potrebbe succedere qualora il suo partito, da mesi primo nei sondaggi, vincesse le elezioni politiche del 2029.
Il piano prevede infatti l’espulsione via aereo di 600mila migranti, “incluse donne e bambini”, nell’arco di cinque anni tramite una serie di misure draconiane, a partire dall’abolizione del diritto d’asilo per chi arriva illegalmente nel Paese.
“Non potranno chiederlo, senza se e senza ma”, ha tuonato l’ex tribuno della Brexit nel suo lungo intervento a cui è seguito quello di Zia Yusuf, businessman multimilionario e figlio di genitori provenienti dallo Sri Lanka, a capo d’una sorta di ‘Doge’ di Reform, quindi di un programma di snellimento degli apparati pubblici sull’esempio di quanto commissionato a suo tempo da Trump a Elon Musk.
L’iniziativa di Farage è arrivata nel pieno delle polemiche e delle proteste contro gli hotel che ospitano i richiedenti asilo nel Paese e mentre proseguono i tentativi da parte del governo laburista di Keir Starmer di porre rimedio alla gestione fallimentare del dossier immigrazione a cui si è aggiunta la “crisi” del sistema di accoglienza nonostante le tante misure restrittive introdotte o promesse.
L’ex tribuno della Brexit, che da settimane cavalca le polemiche inclusa quella sull’aumento della criminalità, reati sessuali in primis, da lui imputato agli “stranieri”, ha così sparato a zero proponendo una soluzione semplice a dirsi: per chi arriva illegalmente nel Paese su piccole imbarcazioni l’unica prospettiva è la detenzione immediata in una base dismessa della Raf e la successiva espulsione senza la possibilità di tornare. In questo modo, gli sbarchi sulle coste inglesi saranno fermati nel giro di “pochi giorni”.
Col ministro degli Interni che, fra l’altro, avrà l’obbligo legale di realizzare i rimpatri di massa. Farage si è detto quindi pronto a eliminare ogni impedimento ai ricorsi, a promuovere l’uscita di Londra dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Convenzione per la difesa dei rifugiati, oltre a rivedere la legge nazionale sui diritti umani.
Non solo, come affermato da Yusuf, è previsto un fondo da 2 miliardi di sterline per siglare accordi coi Paesi per i rimpatri, inclusi quelli dove vengono palesemente violati i diritti umani, come l’Afghanistan e l’Eritrea. Con la possibilità evocata dai vertici di Reform di siglare intese col regime dei Talebani e pagarli pur di espellere i molti migranti afgani nel Regno.
Tante le obiezioni e le critiche sui media al piano di Farage, a partire dalla fattibilità sotto tutti i punti di vista fino ai costi, che Reform ha stimato in 10 miliardi di sterline, ma per molti non bastano. Intanto, l’ex tribuno della Brexit, col malcontento popolare rispetto ai migranti che aumenta, attira sempre più consensi: stando alla media dei sondaggi, Reform è in testa col 30%, seguito dai laburisti al 21% e i conservatori al 17%.