BUENOS AIRES – Se pensiamo ai grandi nomi del design italiano, chi ci viene subito in mente? Bruno Munari, Achille Castiglioni, Gio Ponti, Vico Magistretti, Ettore Sottsass, Mario Bellini, Enzo Mari… Tutti i protagonisti di quella feconda stagione tra gli anni ’50 e ’70, nei quali il design si trasformò in un atto politico.

Non si trattava più soltanto di progettare un “bell’oggetto” che potesse essere realizzato con un processo industriale, ma un oggetto che fosse bello ed ergonomico al tempo stesso, che rendesse più comodo il lavoro: un secchio con un’impugnatura che non intralciasse il trasporto, una macchina da scrivere portatile leggera e maneggevole persino per gli inviati al fronte (la famosa Lettera 22 della Olivetti), una sedia di ufficio con lo schienale che segue la curva fisiologica della spina dorsale…

Eppure, tra i questi nomi non ne figura nessuno femminile. Ma davvero le donne sono le grandi assenti di questo campo o non sono piuttosto figure invisibili?

Per contestare questo teorema, il Proa di Buenos Aires presenta la mostra ¡Aquí estamos! Mujeres en el diseño 1900 – Hoy (Siamo qui! Donne nel design 1990 – oggi), prodotta da Vitra Design Museum, in Germania, una delle principali strutture dedicate al tema.

L’esposizione ripercorre 120 anni di storia del design attraverso 500 pezzi, realizzati da oltre 80 professioniste donne, rendendo giustizia al loro apporto creativo a questa disciplina, in particolare nell’arredamento, nella moda, nella progettazione di interni.

In Italia, dopo la Seconda guerra mondiale, operavano figure del calibro di Lina Bo Bardi, Anna Castelli Ferrieri, Cini Boeri, Gae Aulenti y Nanda Vigo, ma vennero incasellate sotto la definizione di “architetto donna”, al maschile, rendendo invisibile il loro contributo specifico al design e persino la loro genere di appartenenza.

Nelle sale del Proa si potranno ammirare le opere di pioniere come Eileen Gray, Charlotte Perriand, Lilly Reich y Clara Porset, fino alle personalità più rilevanti della scena attuale: Matali Crasset, Patricia Urquiola, Julia Lohmann e il colectivo Matri-Archi(tecture). Una sezione speciale è dedicata alle protagoniste argentine.

Anche la curatela è totalmente affidata a tre donne: Viviane Stappmanns, Nina Steinmüller, Susanne Graner.

La mostra continua fino al 29 giugno, al Proa (Av. Pedro de Mendoza 1929). 

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