WASHINGTON D.C. - Donald Trump nomina due suoi avvocati ai vertici del ministero della Giustizia: Todd Blanche come vice procuratore generale ed Emil Bove come principale vice procuratore generale associato e vice procuratore generale facente funzione, “fino a quando Todd Blanche sarà sottoposto alla fase di conferma da parte del Senato”.

Un ex anchor di Fox al Pentagono, una ex dem accusata di fare da portavoce della propaganda russa come zar dell’intelligence e un divisivo deputato indagato per traffico sessuale e uso di droga alla guida della giustizia. Poche ore dopo, arriva anche un altro personaggio di quelli che fanno molto rumore: Robert F. Kennedy Jr, indicato come futuro segretario del dipartimento della Salute e dei Servizi umani. Chris Wright, invece, è stato scelto dal neopresidente come segretario per l’Energia e membro del nuovo consiglio nazionale per l’Energia. Si tratta di un uomo d’affari senza alcuna esperienza a Washington, Ad di Liberty Energy, società attiva nel fracking, la tecnica per l’estrazione di gas e petrolio tramite la perforazione delle rocce. In passato, ha definito la minaccia del surriscaldamento globale “un’esagerazione”.

I nomi che Donald Trump sta indicando per la composizione della sua futura amministrazione suonano sempre più provocatori e hanno lasciato sconcertati anche alcuni dei suoi consiglieri, vari esponenti repubblicani e numerosi esperti. “Sono così scioccanti che sono una forma di performance art”, ha ironizzato Michael Waldman, presidente del Brennan Center for Justice. Ma sono la prima prova di forza del tycoon contro l’establishment e il suo stesso partito dopo i pieni poteri ottenuti grazie alla tripla vittoria di Casa Bianca, Camera e Senato, che ora rischia di minare il tradizionale sistema americano dei ‘checks and balances’, considerando che la Corte suprema ha già una maggioranza di destra.

La prima sfida è al Senato, dove i repubblicani, che hanno riconquistato la maggioranza con 53 seggi, saranno sotto un’immensa pressione: o per confermare i pretoriani di The Donald o per rinunciare alle proprie prerogative costituzionali, consentendogli di procedere unilateralmente alle nomine durante le pause della loro attività (recess appointments), come ha chiesto lo stesso presidente eletto al loro prossimo leader. Ma nel segreto dell’urna i senatori del suo partito gli hanno già dato un dispiacere, eleggendo non il candidato Maga Rick Scott, bensì John Thune, uomo più vicino all’establishment nonché vice del leader uscente Mitch McConnell. E alcuni di loro hanno già manifestato le loro riserve verso alcune nomine, in particolare quella di Matt Gaetz come attorney general. “Non è un candidato serio; se volessi fare una battuta direi che ora sto aspettando che venga nominato George Santos”, ha commentato la senatrice Lisa Murkowski, paragonandolo a un altro controverso deputato repubblicano travolto dalle inchieste ed espulso dalla Camera.

La sua collega Susan Collins si è detta “scioccata” dalla scelta. Il malumore cova ma il Grand Old Party non può perdere più di tre senatori per le conferme. L’ex speaker della Camera Kevin McCarthy, destituito dalla carica per una fronda interna guidata proprio da Gaetz, ha fatto una profezia: “Lo sanno tutti che non verrà confermato (al Senato, ndr)”. Sarcastico il deputato repubblicano dell’Ohio Max Miller: “Gaetz ha più possibilità di cenare con la regina Elisabetta II che di essere votato dal Senato”.

La nomina di Gaetz è quella che appare più divisiva: si è dimesso giusto in tempo per evitare il rapporto della Commissione etica della Camera sulle accuse di abusi sessuali (anche contro minori), uso di droghe, accettazione di doni impropri, favoritismi e ostruzione della giustizia, dopo l’archiviazione di un’inchiesta penale. E ha invocato l’abolizione dell’Fbi e di altre agenzie, tra cui quel ministero della Giustizia che Trump lo ha chiamato a guidare con l’intento di vendicarsi dei suoi nemici. Chi ci lavora già trema.

La sua scelta ha quasi oscurato quelle di Peter Hegseth al Pentagono e di Tulsi Gabbard come direttrice della National Intelligence. Ma anche loro suscitano forti timori. Ex candidata presidenziale dem convertitasi al trumpismo, Gabbard dovrà supervisionare tutte le 18 agenzie dell’intelligence (settore di cui non ha alcuna esperienza), ma in passato ha fatto da cassa di risonanza alla propaganda russa sull’Ucraina e ha incontrato segretamente Assad mettendo in discussione la conclusione degli 007 Usa sul fatto che il dittatore siriano avesse usato il gas nervino contro i propri cittadini. 

Veterano in zone di combattimento ed ex anchor di Fox, anche l’iper-tatuato Hegseth (ha tra le altre cose la croce di Gerusalemme disegnata sul petto) appare privo di esperienza per guidare la difesa americana. 

Ma entrambi sono stati nominati per attuare l’agenda del magnate: vendicarsi di quell’intelligence che lo ha tenuto sotto scacco col Russiagate e condurre una guerra culturale nel Pentagono, contro i programmi sulla diversità, le donne in combattimento e gli ufficiali sgraditi, tutti da ‘epurare’.

E poi c’è tutto il capitolo di Robert  F. Kennedy Jr, criticato durante la pandemia per aver fatto affermazioni mediche false, inclusa l’idea che i vaccini siano collegati all’autismo ma che nega di essere no-vax, chiedendo, invece solo maggiori e più rigorosi controlli sui vaccini prodotti.