Il primo ministro Anthony Albanese ha fatto quello che doveva fare e, sicuramente, visto il risultato uscito dalle urne del Western Australia, ora sarà un po’ dispiaciuto per essere stato costretto a rinunciare alle elezioni ad aprile.
Venerdì sera, mentre centinaia di migliaia di abitanti del Queensland e di numerose cittadine sulla costa settentrionale del New South Wales, si preparavano all’arrivo dell’ormai famoso ex ciclone Alfred, il capo di governo aveva assicurato tutti che domenica o lunedi (ieri e oggi) non si sarebbe recato dal Governatore generale per indire le elezioni dato che, giustamente, tutte le sue attenzioni erano concentrate sul presente: sulla tempesta che stava per arrivare e sui preparativi per affrontarla.
E, come solo i politici sanno fare, aveva anche affermato che l’unica data prefissata, nonostante le insistenti teorie del 12 aprile, era quella del budget del 25 marzo. Quindi, a suo dire, nessun cambiamento di rotta e, di conseguenza, elezioni a maggio.
Sicuramente da affrontare ora con un pizzico di ottimismo in più, dato che gli elettori del Western Australia hanno ampiamente dimostrato di non essere inclini ad alcun cambiamento politico, di non avere alcuna rabbia da sfogare e nessuna protesta da fare nei confronti del Partito laburista. Ovvio che il leader dell’opposizione Peter Dutton ricorrerà immediatamente, per coprire la sua delusione, alla puntuale “capacità degli elettori di distinguere tra test statali e federali”, ma la realtà è che molto spesso i temi affrontati anche a livello locale si fondono con quelli nazionali e i risultati forniscono indicazioni preziose a Canberra sugli umori popolari.
La differenza sicuramente c’è, perché gli ‘attori’ sono diversi e i programmi elettorali sono di diversa portata, ma il nuovo pesante ko subito dai liberali nel WA, dopo la stratosferica vittoria laburista del 2021, indubbiamente deve far riflettere la squadra Dutton.
Il premier Roger Cook, subentrato in corsa (18 mesi fa) al popolarissimo Mark McGowan che aveva relegato l’opposizione statale a ‘quattro non tanto amici al bar’ tra liberali e nazionali, ha offerto un clamoroso bis infliggendo un altro cappotto elettorale alla Coalizione. I conteggi dei voti non è ancora ultimato, ma il quadro è già chiaro: 40 e forse più seggi per i laburisti, rispettivamente cinque e quattro (confermati ufficialmente al momento di andare in stampa) per i due partiti dell’opposizione.
Dieci collegi ancora da assegnare in via definitiva, con alcune battaglie all’ultimo voto, con preferenze cruciali che non cambieranno la situazione.
Non c’era più il carismatico McGowan, non c’era più di mezzo il Covid, non si poteva quindi più parlare di momento straordinario, di ‘elezioni quasi di guerra’, di confini chiusi e sicurezza sanitaria da difendere: sabato gli elettori del Western Australia hanno votato sull’operato dell’attuale amministrazione, soprattutto pensando a tre temi che riguardano direttamente anche Canberra, come il costo della vita, i problemi della sanità e dell’edilizia abitativa.
Il verdetto è stato chiaro da subito in fatto di numeri (maggioranza a quota 30 raggiunta abbastanza presto): non c’è stato alcun particolare aggiustamento di tiro, solo una minima correzione rispetto al risultato statale di quattro anni fa e brividi extra per Dutton, perché nei seggi che rientrano nei collegi federali che la Coalizione ha nel mirino per cercare la rimonta il prossimo maggio, i laburisti si sono agevolmente riconfermati.
Bateman, Bictorn e Riverton rientrano nel collegio federale di Tangney, che i liberali sperano di strappare al laburista Sam Lim, mentre quelli di Butler, Wanneroo, Mindarie e Joondalup fanno parte del collegio federale di Pearce, sulla carta a portata dei liberali dopo la sorprendete vittoria di Tracey Roberts tre anni fa.
Qualche segnale incoraggiante per Dutton nei seggi statali che rientrano nel nuovo collegio federale di Bullwinkel, con battaglia ancora aperte a Kalmunda, mentre Central Wheatbelt è stato difeso con successo dai nazionali.
È comunque vero che gli elettori sanno distinguere su temi, protagonisti e responsabilità, e che fra un paio di mesi la musica elettorale potrebbe essere ben diversa: fanno quindi bene i laburisti federali a gettare acqua sul fuoco di facili entusiasmi e l’opposizione a non deprimersi più di tanto, ma con almeno tre seggi da strappare al governo nello Stato in questione per poter cominciare davvero pensare alla missione improbabile di privare Albanese di un secondo mandato, qualcosa di meglio i liberali speravano sicuramente di farlo invece di subire la seconda più pesante sconfitta di sempre, la terza consecutiva.
Prima delle elezioni della svolta del 2017, infatti, i seggi statali di Churchlands, Nedlands, Bateman, Carine, South Perth, Kalamanda, Mount Lawley, Hillarys, Dawesville, Murray-Wellington, Jandakot e Scarborough erano quasi sempre stati fermamente in mani liberali e solo quello di Carine è ritornato, sabato, sotto il controllo della squadra guidata da Libby Mettam che, nel discorso di rito dopo la sconfitta, non ha nascosto la sua delusione per il risultato che mette in evidenza una volta di più (era già successo nelle suppletive di Werribee, nel Victoria) che, anche se i laburisti perdono terreno (nonostante la schiacciante vittoria hanno registrato una perdita di consensi diretta nell’ordine del 18%), i voti non vanno necessariamente all’alternativa liberale (più 7,3%), ma vengono distribuiti tra verdi (più 3,6%) e partiti minori. Un segnale che non passerà inosservato a Canberra.
Grande soddisfazione per Cook (non era facile tenere i laburisti in sella con una maggioranza, su base bipartitica che non ammette discussioni, 58,4 contro il 41,6 per cento) dopo la super vittoria di McGowan del 2021, ma grande respiro di sollievo anche per Albanese perché, nonostante le indubbie difficoltà del suo governo, il laburismo ‘tiene’ e l’ex ciclone Alfred politicamente potrebbe addirittura dargli una mano.
Negli ultimi giorni, infatti, il primo ministro ha fatto esattamente quello che un leader davanti ad un’emergenza (di qualsiasi tipo) deve fare: presenza, compassione, vicinanza con la popolazione, autorità e interessi politici messi da parte. Il leader di governo si è mostrato giornalmente a fianco di chi deve dirigere l’emergenza: ripetuti messaggi di attenzione, inviti a seguire avvisi, consigli, indicazioni sul da farsi, giuste preoccupazioni e nessuna distrazione ‘politica’, nonostante i spesso inopportuni tentativi dei media a spostare i riflettori su altri temi.
Se, dopo l’emergenza, non ci saranno giri a vuoto in fatto di aiuti e attenzioni nei confronti delle popolazioni colpite dalla tempesta tropicale di questi giorni, Albanese ne uscirà sicuramente rafforzato a livello personale. A rafforzare l’immagine del governo, invece, potrebbe pensarci il ministro del Tesoro, Jim Chalmers, con quel budget supplementare di fine marzo che farà da trampolino di lancio per la campagna, dopo un breve ritorno parlamentare a Canberra per la presentazione e l’approvazione del documento di gestione.
Dutton? In questi giorni, inspiegabilmente non si è fatto molto vedere o sentire.
Il Queensland è territorio di casa e l’emergenza lo riguarda da vicino. Una puntata a Sydney per raccogliere fondi elettorali è stata decisamente una mossa sbagliata, le preoccupazioni che arrivano dal Western Australia sicuramente reali e perfino l’ex ciclone Alfred ha dimostrato come le cose possono cambiare velocemente, in meglio o in peggio, e bisogna rimanere sempre preparati e attenti ad ogni dettaglio.
L’aria che tira fa presto a cambiare.