Un documento di sole nove pagine, inviate ad uno sparuto gruppo di esperti e appassionati di crittografia, in cui presentava il suo innovativo sistema di pagamento basato sulla blockchain, la tecnologia che funge da registro pubblico distribuito per le transazioni. Da quel momento la figura di Satoshi ha assunto caratteri quasi mitologici ed è stata oggetto di molteplici speculazioni.
Il primo mistero riguarda proprio il nome, molto probabilmente un semplice pseudonimo, in quanto non sembra si tratti di una persona di origine nipponica. Satoshi è un nome abbastanza comune in Giappone e significa ‘intelligente’ o ‘saggio’, mentre il cognome Nakamoto può essere tradotto come ‘origine centrale’.
Accostando i significati, si potrebbe pertanto interpretare come “la persona saggia proveniente dalla fonte centrale” o in alternativa “colui che ha la saggezza dell'origine”, in generale un modo per dare l'idea di una figura centrale che ha creato una tecnologia che è arrivata a cambiare la vita di molti.
Satoshi ha continuato a proporre modifiche del protocollo, a scrivere e rispondere ai commenti della comunità fino al 2011 quando, dopo aver detto di volersi dedicare ad altri progetti e aver passato il testimone al collega Gavin Andresen, sparì completamente dalla circolazione.
Nel corso degli anni in molti sono stati sospettati di essere l’anonimo creatore di Bitcoin, altri hanno invece millantato di esserlo. Il più celebre tra questi è certamente l’imprenditore australiano Craig Wright, colui che da molti nel settore crypto viene chiamato con l’appellativo ‘Faketoshi’. Sono anni che Wright grida ai quattro venti di essere Satoshi e ha anche depositato il copyright sul white paper facendo poi causa agli sviluppatori di Bitcoin per l’utilizzo improprio di quella che considera la rete di sua proprietà.
Purtroppo per lui lo scorso marzo l’Alta Corte di Giustizia del Regno Unito ha emesso una sentenza confermando le accuse di spergiuro e di falsa testimonianza nei suoi confronti e mettendo definitivamente un punto alla questione. I nomi che invece possono considerarsi verosimili sono tutti nel campo dell’informatica: Adam Back (ideatore di Hashcash, un algoritmo di mining), Nick Szabo (inventore degli smart contract), Hal Finney (colui che ricevette la prima transazione di criptovaluta proprio da Nakamoto) e Len Sassman (vero guru del settore). Questi ultimi due deceduti rispettivamente nel 2014 e 2011, pertanto coincidenti con la totale scomparsa di Nakamoto dalle scene.
In molti poi annoverano anche Elon Musk tra i papabili, ma questi non ha minimamente le conoscenze crittografiche necessarie per essere considerato veritiero. In aggiunta a questi nomi abbiamo anche quello di un ingegnere nippo-americano di Los Angeles, Dorian Nakamoto, ma al secolo Satoshi Nakamoto, il quale nel marzo del 2014, a causa delle continue indiscrezioni nei suoi confronti, riferì alla stampa di essere semplicemente un omonimo. La sua immagine tuttavia risulta sempre tra le prime nei risultati dei motori di ricerca quando si prova a dare un volto al creatore di Bitcoin. L’ultima figura balzata agli onori della cronaca è quella di Peter Todd, grazie al documentario “Money Electric: The Bitcoin Mystery” trasmesso recentemente dalla rete via cavo americana HBO. L’opera di Cullen Hoback ha suscitato molto interesse e nella prossima uscita cercheremo di capire se ha centrato nel segno o meno.