Il pezzo descrive uno scenario inquietante dell’intero settore delle criptovalute, concentrando le accuse sulla più grande stablecoin in circolazione. Ma, come spesso accade, si è scelto di mostrare solo una parte della storia, tralasciando, forse per scarsa conoscenza, elementi essenziali per una comprensione più ampia. Fulcro dell’articolo è un’indagine avviata nel 2021 nel Regno Unito che ha portato alla scoperta di un presunto giro di riciclaggio guidato dall’imprenditrice russa Ekaterina Zhdanova, arrestata nel 2023.

Secondo l’Economist, la rete criminale si sarebbe servita della stablecoin per “ripulire” fondi illeciti, eludendo i controlli di banche e sistemi finanziari tradizionali. La testata afferma a chiare lettere che Tether è “il miglior mezzo esistente per il riciclaggio” poiché, a differenza di Bitcoin, il suo controvalore è ancorato a quello del dollaro e pertanto privo di oscillazioni di prezzo.

Ma Tether è davvero uno strumento così unico e pericoloso? In realtà, la criminalità organizzata ha sempre trovato modi per aggirare le regole, ben prima dell’avvento delle criptovalute. E, ad oggi, i contanti restano ancora il mezzo più usato per riciclaggio. Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, ogni anno si riciclano tra i 1.600 e i 2.000 miliardi di dollari, perlopiù in denaro fisico. Eppure nessuno propone di vietare il contante, perché è un’infrastruttura chiave dell’economia, proprio come Tether è un’infrastruttura chiave nel mondo digitale. Lo stesso articolo ammette che “convertire il contante in criptovaluta resta un’operazione costosa e inaffidabile”. È proprio per questo che i criminali preferiscono ancora la liquidità tradizionale: le cripto lasciano tracce indelebili sulla blockchain, facilmente analizzabili dalle autorità. Tether, inoltre, collabora attivamente con le forze dell’ordine e ha già contribuito a congelare  quasi 4 miliardi di dollari australiani in fondi sospetti.

Se fosse davvero lo strumento “perfetto” per il crimine, come si sostiene nell’articolo, quale organizzazione criminale lo utilizzerebbe sapendo che può essere tracciata e bloccata? La testata britannica suggerisce che le caratteristiche tecniche di Tether - economica, stabile e liquida - la rendano un’arma al servizio del crimine. Ma sono proprio queste qualità a renderla essenziale per milioni di persone che vivono in paesi con valute iper-inflattive o restrizioni finanziarie. Dall’Argentina al Libano, dalla Nigeria alla Turchia, le monete locali si svalutano a ritmi vertiginosi e i controlli sui capitali limitano l’accesso ai tanto agognati dollari americani. Tether diventa quindi uno strumento quotidiano per proteggere i risparmi o effettuare pagamenti internazionali.

In tali contesti, l’utilizzo delle criptovalute non è ideologico, ma una necessità concreta, una risposta al fallimento dei sistemi finanziari e valutari tradizionali e alle decisioni arbitrarie dei governi. Ridurre tutto a una questione criminale è miope e profondamente ingiusto verso chi vive in condizioni precarie e cerca nel digitale una via di uscita.

Il tentativo di indignare il lettore diventa ancora più lampante nel momento in cui si cita Donald Trump e il suo supporto all’industria. Che piaccia o no, quello del miliardario è un segnale politico importante: il dibattito globale sta cambiando. Sempre più attori istituzionali, come banche, governi e colossi finanziari, riconoscono il potenziale del settore, chiedendo però più trasparenza e regolamentazione.

Tether stessa, con l’italiano Paolo Ardoino alla guida, ha aperto al dialogo con le autorità per rendere l’ecosistema più comprensibile e sicuro. Demonizzare la tecnologia non è la soluzione. I problemi legati al riciclaggio esistono, ma non sono esclusivi delle criptovalute e la risposta non è il divieto, ma la vigilanza e il controllo normativo.

Tether è uno strumento potente e, come ogni tecnologia, può essere usato per il bene o per il male. Il vero compito dei media dovrebbe essere raccontare entrambe le facce della medaglia, ma stavolta l’Economist ha scelto di focalizzarsi solo sul lato più oscuro.

Questo articolo contiene opinioni personali dell’autore che non devono costituire la base per prendere decisioni di investimento. Ricordiamo che l’intento di questa rubrica non è quello di dare consigli finanziari, ma semplicemente analizzare il mondo delle criptovalute per renderlo accessibile a tutti.