Dicembre 2017, Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, a specifica domanda risponde che vede Bitcoin come una semplice "bolla speculativa" e lo considera un “rischio incontrollato”. Niente di nuovo, specialmente se detto da un dirigente di una banca e, ancora di più, se consideriamo che in quegli anni Bitcoin era ancora poco conosciuto, soprattutto dal punto di visto tecnologico, e il rischio di cui parlava Messina poteva tutto sommato ancora sussistere.

Facciamo un salto avanti di qualche anno, gennaio 2025: Banca Intesa acquista 11 bitcoin per un controvalore di poco superiore al milione di euro. Fin qui tutto regolare, con una mossa del genere Carlo Messina, ancora oggi CEO di Intesa, sembrerebbe dimostrare di non essere chiuso di mente e di aggiungersi alla sempre più folta lista di coloro che hanno cambiato idea su Bitcoin; quelli che hanno capito che esso è ormai una parte integrante del panorama finanziario globale ed è pertanto un’opportunità da non farsi sfuggire e non un altro sogno che svanisce nel nulla.

Il fatto è che la banca non voleva che la cosa divenisse di dominio pubblico e infatti la notizia è  trapelata tramite lo screenshot di un’email interna all’azienda scritta dal responsabile della sezione asset digitali in cui si affermava di aver completato con successo la transazione di test, con la speranza che questo fosse solamente l’inizio. Tale notizia ha però fatto molto scalpore e ha fatto il giro del mondo, con testate del settore crypto che hanno titolato con comprensibile gioia: “La banca più importante d’Italia acquista Bitcoin”.

A quel punto Banca Intesa avrebbe potuto cavalcare la notizia, anzi addirittura rivendicarla con vanto mostrando quanto essa sia lungimirante e si stia preparando a proporre qualcosa di nuovo al suo parco clienti. E invece ecco che si è cercato di nascondere la mano, con Messina che si è premurato di dare una sorta di giustificazione a quanto fatto, come un ragazzino che viene beccato con le mani nella marmellata: “una grande banca europea non può non essere a disposizione dei propri clienti dalla grande professionalità e dal grande patrimonio che decidono di fare questo tipo d’investimenti”. Ha poi ulteriormente minimizzato: “È un test, abbiamo investito solo un milione di euro, che è come investire 10 euro per uno che ha un patrimonio normale, visto che noi investiamo 100 miliardi in titoli. A una famiglia, a un operatore non sofisticato io direi: non lo fate mai. Non lo faccio io, non lo farei fare a mia madre o ai miei famigliari”.

Della serie: fate quello che dico, non quello che faccio. L’ironia è che queste parole sono state dette ad una conferenza di Confindustria dal titolo ‘Investimenti, innovazione, credito’, dove il termine ‘innovazione’ sembra essere stato completamente messo da parte. Ma in tutta questa situazione cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno constatando che, se anche i grandi della finanza come Intesa Sanpaolo sono ora costretti a esplorare soluzioni in questo campo, non è forse il momento che anche i piccoli investitori, seppur non ‘sofisticati’ come vorrebbe Messina, inizino a guardare con occhi diversi a queste opportunità?

Abbiamo aperto il nostro articolo citando un modo di dire, chiudiamo con un ulteriore detto, che sanche in questo caso embra davvero rappresentare al meglio, e amaramente, quanto accaduto: ‘chi disprezza, compra’.

Questo articolo contiene opinioni personali dell’autore che non devono costituire la base per prendere decisioni di investimento. Ricordiamo che l’intento di questa rubrica non è quello di dare consigli finanziari, ma semplicemente analizzare il mondo delle criptovalute per renderlo accessibile a tutti.