L’azienda ci è riuscita installando una struttura per il mining di Bitcoin all’interno dell’impianto, restituendogli sostenibilità economica. Per i nuovi lettori della nostra rubrica, il mining è il processo attraverso cui la rete globale di computer verifica e registra le transazioni della criptovaluta, consumando energia per risolvere calcoli crittografici in cambio di nuove monete come ricompensa. Alps Blockchain non è una ONG né un ente filantropico intervenuto per compassione verso gli abitanti che rischiavano di rimanere senza energia e acqua potabile, si tratta di un’azienda come tante puramente orientata al profitto.

Ed è proprio questo uno degli elementi che rendono Bitcoin un vero unicum: la possibilità che il bene comune, in questo caso l’accesso stabile all’energia, coincida con il mero interesse economico di un’azienda privata. Fondata nel 2018 tra le Alpi vicino a Trento, Alps Blockchain è stata una delle prime aziende italiane a puntare sul mining, una scelta non scontata in un Paese dove i costi energetici sono tra i più alti in Europa.

La start-up ha stretto accordi con diverse centrali idroelettriche, proponendo un modello in cui le mining farm diventano un supporto operativo agli impianti stessi: le centrali possono decidere di volta in volta se conviene immettere energia nella rete, soprattutto nei picchi di domanda, oppure destinarla a Bitcoin, valorizzando così energia altrimenti sprecata e contribuendo alla stabilità del sistema.

La svolta arriva nel 2021, quando il fondo Azimut decide di supportare la crescita dell’azienda. L’investimento consente ad Alps Blockchain di superare i confini italiani, dove la normativa imponeva che l’attività di mining fosse svolta direttamente dalle centrali proprietarie, e di acquistare e installare attrezzature in Paesi con abbondanza di energia rinnovabile inutilizzata: Paraguay, che impiega solo il 25-30% dell’elettricità prodotta, ma anche Brasile ed Ecuador. I risultati economici positivi permettono ad Alps di compiere un ulteriore salto strategico.

La società avvia investimenti che trasformano il suo modello di business, spostandolo dal puro mining alla gestione di infrastrutture energetiche e computazionali di nuova generazione, integrando il settore dell’intelligenza artificiale e dei data center. Non a caso, come dichiarato dal CEO Francesco Buffa a Radio 24, la società si presenterà d’ora in avanti semplicemente come Alps, a sottolineare l’ambizione di diventare un attore interstrutturale, non più limitato alle criptovalute. La logica è chiara: l’intelligenza artificiale dipende dai data center, i quali richiedono enormi quantità di energia e infrastrutture capaci di trasformarla da alta a media e bassa tensione.

Ma costruire nuovi impianti richiede mesi, se non anni, un ritmo incompatibile con la rapidità del settore. Le infrastrutture dei miner, invece, sono già operative, scalabili e pronte a essere riconvertite per alimentare anche i data center. A differenza di molti concorrenti che affittano gli impianti, Alps ne è proprietaria, un vantaggio che consente di diversificare e seguire immediatamente la domanda di mercato.

La crescita è costante: le ultime due acquisizioni riguardano un’infrastruttura da 150 megawatt in Oman, all’interno del progetto Oman Vision 2040 che mira a ridurre la dipendenza dal petrolio estero, e un’altra da 60 megawatt nello Utah. Investimenti imponenti e strategici che collocano Alps tra i principali operatori europei e una delle realtà più rilevanti a livello globale. L’eccellenza italiana, tradizionalmente associata al design, alla gastronomia e ai motori, potrebbe presto trovare un nuovo ambito di riconoscimento: quello della potenza di calcolo.

Questo articolo contiene opinioni personali dell’autore che non devono costituire la base per prendere decisioni di investimento. Ricordiamo che l’intento di questa rubrica non è quello di dare consigli finanziari, ma semplicemente analizzare il mondo delle criptovalute per renderlo accessibile a tutti.