La notizia che ha lasciato tutti a bocca aperta, anche i più ottimisti amanti delle crypto, è che lo scorso 23 maggio è stato approvato l’ETF spot su Ethereum, la seconda criptovaluta per capitalizzazione di mercato.
Fino a qualche giorno prima gli analisti di mercato vedevano minime probabilità di approvazione, ben consci che la Security and Exchange Commission (SEC) americana non ha mai visto di buon occhio il settore. In effetti c’erano voluti 10 anni prima che la SEC desse l’ok all’ETF su Bitcoin, pertanto si pensava che questa prima scadenza avrebbe visto un secco no o perlomeno un rinvio.
E invece no, come già per Bitcoin qualche mese fa, viene certificato che anche Ethereum è a tutti gli effetti un prodotto da prendere in considerazione nella composizione dei portafogli dei clienti delle aziende d’investimento.
Grazie all’ETF esso diviene infatti uno strumento d’investimento semplice e facilmente accessibile a tutti, soprattutto agli investitori istituzionali, quelli che portano capitali importanti. In molti pensano si tratti di una decisione più politica che tecnica, che va a inserirsi in una situazione particolare della campagna elettorale negli Stati Uniti, in cui il termine ‘criptovalute’ è stato utilizzato da parte di entrambe le fazioni nel tentativo di accaparrarsi nuovi voti. Ad essere precisi non si tratta di approvazione completa, siamo ancora in attesa di un secondo ok per poter dare il via ufficiale alle vendite, ma sembra debba arrivare nel giro di qualche settimana. Questo poiché il prodotto Ethereum è più complesso del fratello maggiore e offre un’opzione ulteriore, quella dello staking, che per il momento si è deciso di non sfruttare. Sì, perché il protocollo di Ethereum permette di ottenere una rendita annuale di circa il 5% (mettendo appunto le monete in ‘staking’), cosa che renderebbe Ethereum un unicum nel panorama dei prodotti di investimento, dato che non si è mai visto un’ETF che che offre anche una rendita passiva.
Un concetto talmente innovativo che diviene impossibile da inserire all’interno delle regolamentazioni esistenti (chi beneficerebbe degli interessi, il gestore o il cliente?) e si è quindi deciso di lasciare questa situazione al di fuori dall’approvazione. In molti ritengono che, nel momento in cui si riuscirà ad inserire lo staking all’interno del frame normativo, questo farà sì che l’ETF su Ethereum otterrà un successo inimmaginabile.
Al momento la questione è però cosa aspettarsi nel breve periodo: gli analisti prevedono ovviamente un aumento del prezzo, alcuni si avventurano dicendo di almeno un 60%, ma bisogna riconoscere che sono gli stessi analisti che dicevano che le probabilità di approvazione erano basse. Tuttavia, possiamo vedere quanto è successo a Bitcoin: a seguito dell’approvazione lo scorso gennaio il prezzo era crollato di un 20%, classico esempio della legge di mercato che dice “buy the rumour, sell the news”, per poi ripartire con un rally che nel giro di qualche mese ha quasi raddoppiato il prezzo raggiungendo i massimi di sempre. Non v’è dubbio alcuno che l’ETF su Bitcoin sia un successo immenso, pertanto sarebbe un risultato eccellente se per Ethereum si vedesse un afflusso di capitali anche solo parazilamente simile.
In molti già si chiedono se anche altre criptovalute otterranno un ETF, ma in realtà BlackRock, società leader del settore investimenti, ha affermato ufficialmente di essere interessata solo a Bitcoin e Ethereum. Non è detto però che altre aziende non proveranno a depositare qualche richiesta alla SEC, magari per Solana o XRP.
Questo articolo contiene opinioni personali dell’autore che non devono costituire la base per prendere decisioni di investimento. Ricordiamo che l’intento di questa rubrica non è quello di dare consigli finanziari, ma semplicemente analizzare il mondo delle cryptovalute per renderlo accessibile a tutti.