Dai segni digitali che lasciamo dietro di noi alle tracce di dati che generiamo con ogni interazione online, i confini tra pubblico e privato sono diventati sempre più sfumati e in un tale contesto comprendere l'importanza della riservatezza è davvero vitale. Parliamo di un diritto umano fondamentale che viene spesso sottovalutato, non si tratta solo di proteggere i nostri segreti personali, ma di salvaguardare la nostra autonomia e libertà individuale.
La privacy ci permette di controllare le nostre informazioni personali, le nostre decisioni e le interazioni che abbiamo con il mondo intorno. Senza di essa, saremmo tutti vulnerabili a scrutini non richiesti, manipolazioni e sfruttamento. Per le persone svantaggiate poi, essa funge da scudo contro discriminazioni e persecuzioni, garantendo la possibilità di esprimere la propria identità e le proprie convinzioni senza paura di subire ritorsioni. In sostanza, la privacy è il fondamento della democrazia e dei diritti umani, perché ci consente di vivere liberamente e autenticamente senza essere costantemente controllati o influenzati.
I concetti qui sopra elencati sono sacrosanti tranne quando si entra nel campo delle criptovalute il quale, come purtroppo spesso accade, è il mondo al contrario. Il tentativo di salvaguardare la privacy qui è spesso guardato con sospetto da parte dell’opinione pubblica e soprattutto da parte del regolamentatore, come se fosse sinonimo dell’aver qualcosa di losco da nascondere.
È notizia di qualche giorno fa che il Departimento di Giustizia degli Stati Uniti ha arrestato i fondatori di Samurai Wallet, un portafoglio crypto particolarmente orientato alla riservatezza dei sui clienti. Esso infatti offre un cosiddetto strumento di mixaggio, chiamato “whirpool”, il quale permette di oscurare la fonte di una transazione Bitcoin combinando i fondi con quelli di altri utenti.
L’accusa è che tale strumento sia stato utilizzato per riciclare denaro sporco. La domanda qui sorge spontanea: è giusto andare a punire chi crea uno strumento per preservare un diritto fondamentale come la privacy solo perché qualcuno lo utilizza per scopi criminali? A detta di chi vi scrive sarebbe giusto andare a sanzionare coloro che hanno utilizzato Samurai Wallet per fini illegali, non chi lo ha creato con fini commerciali totalmente legittimi.
Come ben sappiamo, ogni singola transazione Bitcoin è pubblica, registrata indissolubilmente nella blockchain; questa totale trasparenza è un pregio che può però ritorcersi contro in un baleno. È per questo che alcuni utenti si affidano a questi strumenti di mixaggio, il cui fine è di proteggere le proprie informazioni finanziarie sensibili da occhi indiscreti, che possono essere quelli di attori malintenzionati, ma anche di governi oppressivi. Il vietare questi strumenti non scoraggia i criminali, né previene le attività illecite, mentre al contempo mette a rischio gli individui che vengono lasciati vulnerabili alla sorveglianza e all'esposizione dei loro dati finanziari.
Pensiamo banalmente ad un cittadino russo che non sostiene il regime di Putin, egli non può liberamente fare una donazione in Bitcoin nei confronti della causa ucraina. Uno strumento come quello di Samurai Wallet permette a tale cittadino di mantenere la propria privacy, che in questo caso coincide con la propria incolumità, totalmente preservata.
Questo è solo uno degli innumerevoli esempi che possiamo fare per far comprendere come quello che facciamo con i nostri soldi, o con le nostre cryptovalute, dovrebbe essere affar nostro. A meno che ovviamente non si sconfini nell’illegalità.
Questo articolo contiene opinioni personali dell’autore che non devono costituire la base per prendere decisioni di investimento. Ricordiamo che l’intento di questa rubrica non è quello di dare consigli finanziari, ma semplicemente analizzare il mondo delle cryptovalute per renderlo accessibile a tutti.