LA PAZ - Il Tribunale Supremo Elettorale (Tse) della Bolivia ha ufficializzato la lista dei nove candidati alla presidenza per le elezioni generali previste il 17 agosto.
Lo ha annunciato venerdì il presidente del Tse, Óscar Hassenteufel, durante una conferenza stampa, in cui ha confermato che sono in totale 1.180 le candidature abilitate, comprendendo anche i seggi del Senato e della Camera dei Deputati.
Tra le formazioni ammesse figurano cinque alleanze politiche, cinque partiti e due organizzazioni indigene. I candidati alla presidenza sono:
- Andrónico Rodríguez (Alianza Popular)
- Fidel Tapia (Nueva Generación Patriótica)
- Max Jhonny Fernández (Alianza Fuerza del Pueblo)
- Manfred Reyes (Autonomía para Bolivia Súmate)
- Jorge “Tuto” Quiroga (Alianza Libertad y Democracia)
- Mónica Copa (Movimiento Renovación Nacional)
- Rodrigo Paz Pereira (Partido Demócrata Cristiano)
- Carlos Eduardo del Castillo (Movimiento Al Socialismo)
- Samuel Doria (Alianza Unidad)
Fuori dalla corsa rimane Evo Morales. L’ex presidente aveva espresso la volontà di candidarsi, ma una serie di sentenze del Tribunale Costituzionale ha ribadito che nessun funzionario può ricoprire la carica presidenziale per più di una rielezione, continua o discontinua.
A questo si è aggiunta la cancellazione della personalità giuridica del PAN-Bol, il partito con cui Morales tentava il ritorno sulla scena politica, attraverso una sigla in prestito.
L’esclusione ha provocato reazioni immediate. I sostenitori di Morales sono scesi in piazza in diverse città del Paese, con manifestazioni, blocchi stradali e scontri verbali con le forze dell’ordine.
A La Paz, lunghe file di auto attendono ai distributori per acquistare carburante, mentre cresce la rabbia per la mancanza di generi alimentari e l’inflazione. “Non abbiamo più niente da mangiare”, ha gridato una donna durante una protesta, colpendo una pentola vuota con un cucchiaio.
Secondo gli analisti, la Bolivia si trova nel pieno di una crisi multipla: economica, sociale e istituzionale. Il politologo Marcelo Arequipa distingue due tipi di protesta: da un lato, quelle legate a problemi concreti, come la scarsità di carburante e di alimenti; dall’altro, le mobilitazioni più violente dei sostenitori di Morales, che mirano a reinserire l’ex presidente nel processo elettorale.
Morales è inoltre coinvolto in un’indagine per presunto traffico di persone. Le gravi accuse lo implicano in un relazione con una minorenne, durante il suo ultimo mandato.
Convocato dalla procura in due occasioni, non si è mai presentato e respinge le accuse e denunciando una persecuzione politica orchestrata dal governo di Luis Arce. Quest’ultimo, a sua volta, accusa Morales di voler destabilizzare il paese e imporre la propria candidatura con la forza.
Intanto, il Tse fa appello alla calma. “Questo è uno dei processi elettorali più complessi e importanti nella storia della Bolivia. Difendere la democrazia significa votare e farlo in pace”, ha dichiarato Hassenteufel. Per motivi di sicurezza, la conferenza si è tenuta nella città di Santa Cruz.
Il futuro della Bolivia resta incerto. Il Paese è polarizzato e frammentato. Per l’analista cileno Guillermo Holzann, “la Bolivia rischia di diventare uno Stato fallito, con istituzioni deboli, corruzione dilagante e fratture profonde”. Secondo gli esperti, la figura di Morales continua a esercitare una forte influenza, soprattutto in zone come il Chapare, dove lo Stato fatica a imporsi.