Quante donne hanno fatto, e fanno, la storia degli italiani in Australia? Molte hanno contribuito per diventare ciò che siamo come nazione e tutt’ora affermano e confermano il nostro valore culturale all’estero.

“Should I stay or should I go”, recita il ritornello di un famoso brano scritto dai The Clash, un gruppo rock anni ‘80, un quesito comune, che un po’ tutti, per diverse ragioni, si sono trovati ad affrontare almeno una volta nella vita.

Cecilia Di Pisa, nata e cresciuta in provincia di Milano da mamma cremasca e papà palermitano, nel 2016 è diventata cittadina australiana, e ha deciso di lasciare aperte tutte le possibilità, rimanere o, perché no, andare.

Nel settembre del 2010 si è lanciata in questo viaggio con uno visto studente soprattutto per raggiungere la sorella che si era trasferita in Australia un paio d’anni prima.

“Lavoravo in un azienda che produceva integratori alimentari e invece di rinnovare il mio contratto sono partita verso l’ignoto anche perché mia sorella, alla quale sono molto legata, mi incitava a provare quest’esperienza, e così è successo”.

Cecilia, una volta atterrata a Sydney, ha iniziato a scoprire la città e lo stile di vita australiano sfruttando al meglio il tempo a disposizione. “Durante la durata del visto da studente lavoravo come segretaria mentre cercavo uno sponsor e il fine settimana mi divertivo facendo qualche ora extra in un negozio d’alimentari degno della tradizione dove regnava una grande atmosfera tricolore - racconta -. Anche se è un mestiere faticoso, lo ricordo come il lavoro più divertente che ho avuto”.

Ottenuto uno sponsor nel settore acquisti di un’azienda che distribuisce prodotti biologici, la strada di Cecilia ha iniziato a presentare le prime difficoltà.

L’azienda è stata venduta e i nuovi proprietari si sono dimostrati spietati nei confronti di un’impiegata con una situazione non sufficientemente stabile, come spesso accade ai possessori di sponsorizzazioni, approfittando della sua posizione.

Cecilia ha dovuto affrontare maggiori ore di lavoro poco retribuite intralciando il successo della fine del visto lavorativo.
“Ovviamente, una volta investiti tempo ed energie è meglio tenere duro - dice Cecilia -. Contavo i giorni che mancavano al raggiungimento della residenza permanente e finalmente ho potuto dire addio a quella terribile esperienza, il lavoro trovato in seguito sembrava un sogno e finalmente venivo trattata come una persona normale”.

Una volta celebrata la cerimonia di cittadinanza insieme a tutta la famiglia, Cecilia ha sentito il desiderio di tornare a casa: “Dopo una piccola tappa in Cina sono tornata in Italia con l’intenzione di godermi l’estate italiana e le bellezze della nostra terra e nel frattempo ho iniziato a cercare lavoro tramite agenzie che però non riuscivano a indirizzarmi nel mondo del lavoro italiano”.

Fuori da diversi anni, nello scenario lavorativo italiano anche essere altamente qualificati sembra essere un ostacolo.
“Ho così deciso di intraprendere un corso online MITx tramite il Massachusetts Institute of Technology un corso molto impegnativo a cui mi sono dedicata in questo periodo, però la situazione lavorativa mi metteva molta ansia, allora ho deciso di tornare a Sydney”, ammette Cecilia che tutt’ora collabora con la stessa multinazionale che si occupa di dispositivi medici, che garantisce standard di alto livello ai suoi dipendenti e nel quale Cecilia si trova molto bene.

Ma, c’è altro nel suo cuore. Cecilia, infatti, custodisce un sogno nel cassetto, un sogno che accomuna tanti emigrati, nonostante sia riuscita a costruirsi una vita gratificante qui in Australia: “Vorrei tanto ritornare in Italia perché quello stile di vita mi manca molto, inoltre voglio recuperare con la mia famiglia il tempo che la pandemia ci ha portato via”.