La prima della nuova serie di quattro riunioni-convegno in programma nel corso del corrente anno dall’Avondale Heights & East Keilor Residents Association Inc. ha avuto luogo lo scorso martedì, 19 marzo, presso il locale “Classe 90” nel cuore commerciale Centreway di East Keilor. E si è rivelato un inaspettato successo. La cena e convegno, organizzata dal presidente Frank Di Blasi e dal comitato direttivo dell’Avondale Heights & East Keilor Residents Association Inc., che ha esteso l’invito a dirigenti e rappresentanti di associazioni sociali, culturali e sportivi della vasta zona a ovest di Melbourne, per cui questa prima edizione del programma socioculturale dell’Associazione ha trovato il favore e la soddisfazione dei presenti. 

Per la cronaca, infatti, erano presenti presidenti e rappresentanti del riaperto sodalizio italiano dell’ICKA Club di East Keilor, del Circolo Pensionati Italiani di East Keilor-Avondale Heights, della Confraternita dei SS. Pietro e Paolo, del Consiglio Parrocchiale di St Martin de Porres e dell’Ordine dei Cavalieri del Southern Cross. A esprimere saluti di benvenuto ai presenti all’inizio della riunione è stato Frank Di Blasi, che ha accennato al desiderio dell’Associazione di spostare l’attenzione sulla necessità di nuove iniziative e strutture civiche locali, senza però tralasciare l’importanza degli interessi sociali e culturali delle comunità, e la nuova iniziativa di promuovere e organizzare quattro convegni per la comunità italiana della zona. Seguiva aggiungendo doverosi ringraziamenti rivolti ai componenti del comitato e in particolare al vicepresidente Mario Sabatini e al tesoriere Ilario Audino per il loro particolare input e al proprietario del locale Francesco Stella, (centrocampista di calcio da molti anni e che dal 2013 al 2016 ha militato nelle file del Melbourne Victory e poi con il Central Coast Mariners di Sydney, ndr) e la consorte Sara, per la loro squisita disponibilità.

Proprio al momento giusto, ecco arrivare l’ospite della serata, lo studioso dottor Ivano Ercole, coordinatore accademico delle sessioni dell’Università della Terza Età (in italiano) del Co.As.It. Presentato dal presidente Di Blasi, che ha fatto il punto sulle preoccupazioni delle comunità emigrate più tradizionali degli anni ‘50 e ’60 come quella polacca, tedesca, italiana, maltese, greca, ucraina e iugoslava di una volta, che per primi lasciarono i loro Paesi ridotti sul lastrico dall’ultimo conflitto bellico, e senza paura solcarono le onde degli oceani per arrivare fino ai confini del mondo per aver un lavoro sicuro. “Un lavoro che finalmente avrebbe dato loro dignità, sicurezza e speranza per riuscire a piantare e stabilire profonde radici in un luogo ameno ma con grande potenziale e che aveva immenso bisogno di lavoratori in tutti i campi del sapere umano. E ora di loro ne sono rimasti solo pochissimi, e molti dei quali ultra-ottantacinquenni, sono residenti in case di cura e di riposo e ciò che è rimasto del loro passato sono solo pochi ricordi documentati nelle ingiallite pagine di libri storici dell’emigrazione europea in Australia e nei documenti della Società Storica Italiana. La domanda che dappertutto e in ogni occasione ci si pone è cosa ne sarà nei prossimi 50 anni della nostra comunità italiana d’Australia? Quali le visioni e quali le prospettive?”. 

A rispondere all’interrogativo è Ivano Ercole che, alzatosi, afferma con convinzione: “La nostra comunità non è più quella di una volta quando era caratterizzata, soprattutto a Melbourne, da un consistente numero di italiani nati e cresciuti in Italia. Oggi, quel numero si è assottigliato e andrà sempre più riducendosi come naturale conseguenza della scomparsa della generazione immigrata in Australia negli anni ’50 e ’60.  Si sta pertanto verificando un marcato cambiamento della comunità italiana, pur se in termini non numerici ma culturali e linguistici. Il numero degli italo-australiani resta, infatti, elevato grazie ai figli e nipoti della generazione immigrata ma la loro realtà è profondamente diversa da quella dei loro genitori e nonni. La loro lingua è l’inglese e la loro formazione scolastica e professionale ha scarsa attinenza con la cultura italiana. La sfida per il futuro è come far crescere nelle nuove generazioni l’interesse per le loro origini in modo da arricchire e ampliare i propri orizzonti culturali. Ciò è di vitale importanza per vivere una vita ricca di significato e non cadere nel vuoto esistenziale causato dalla mancanza di legami e riferimenti con la terra nella quale affondano le proprie radici. Come riuscire in questa impresa è un compito non facile ma non impossibile purché gli organismi che operano nella nostra comunità vi si impegnino congiuntamente. La lingua e la cultura dell’Italia occupano un posto di primo piano nella storia dell’Occidente e per chi vi si avvicina e le studia si apre un mondo di straordinaria bellezza”. 

Molte le domande che seguono e le risposte date fino al momento che vengono serviti caffè e dolci.  E poi i saluti e le promesse di partecipare al prossimo incontro, già in programma, dettagli del quale saranno pubblicati nelle prossime edizioni del giornale.