KIEV – È una giornata buia per l’Ucraina, con almeno 25 morti nelle ultime ore. Nonostante, o forse proprio per, il nuovo ultimatum che il presidente americano Donald Trump ha lanciato a Vladimir Putin: 10-12 giorni, e non più 50, per mettere fine alla guerra. E questo, nonostante il Cremlino abbia ufficialmente ribadito il proprio interesse per la pace, precisando tuttavia che “l’operazione speciale continua”.
Il bilancio più pesante è stato nella regione di Zaporizhzhia. Verso le 23:30 di lunedì, quattro bombe aeree teleguidate hanno preso in pieno il carcere di Bilenkiv. Sono stati distrutti la mensa, parte degli uffici e il reparto di isolamento. Almeno 16 i morti fra i detenuti e 44 i feriti ricoverati in ospedale, cui si aggiungono 50 persone curate sul posto.
“Si è trattato di un attacco deliberato, intenzionale, non accidentale”, ha avvertito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. E il suo capo di Gabinetto, Andriy Yermak, ha parlato apertamente di “un altro crimine di guerra dei russi”. Una strage anche quella compiuta dai russi nel villaggio di Novoplatonivka, vicino a Kharkiv. Cinque civili sono stati uccisi e tre sono stati feriti in un attacco compiuto con un sistema di lanciarazzi multipli.
Quattro i morti a Kamianske, nella regione di Dnipro, e uno a Kherson. Una vittima è stata registrata anche sul fronte russo, per un attacco di droni ucraini che ha centrato un’auto a Salsk, nella regione di Rostov. Danneggiati anche due treni. Le truppe di Mosca continuano però a rivendicare successi sul terreno: avrebbero circondato le forze armate ucraine del Lugansk. Truppe sempre più sotto pressione, tanto che si sta cercando in ogni modo di rafforzare i contingenti: Zelensky ha firmato una legge che consente anche agli over 60 di arruolarsi volontariamente per un anno.
E mentre l’elenco delle vittime si allunga anche nelle sue file, la Russia non sembra intenzionata a fare alcun passo in avanti. Lo si legge senza grande difficoltà anche nelle parole del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Abbiamo preso nota della dichiarazione del presidente Trump”, ha detto alla stampa. “L’operazione speciale continua”, ha chiarito ma “rimaniamo impegnati nel processo di pace per risolvere il conflitto in Ucraina e garantire i nostri interessi”.
“Sono deluso da Putin”, aveva affermato lunedì il presidente americano, sottolineando di non essere più interessato a parlare con il suo omologo russo. L’inquilino della Casa Bianca aveva detto di aver creduto “più volte” nel recente passato di poter essere vicino a “una soluzione” per mettere fine alla guerra in Ucraina. “E poi Putin prende e lancia missili contro città come Kiev, facendo molti morti in una casa di riposo o dove sia”, aveva aggiunto.
Le stesse parole, più o meno, usate quando il 14 luglio aveva dato a Mosca un ultimatum di 50 giorni, minacciando “dazi molto severi”, al “cento per cento”, se non si fosse raggiunto un accordo in quel lasso di tempo.
La Casa Bianca aveva spiegato che il Presidente si riferiva a sanzioni secondarie in forma di dazi non solo contro l’export russo verso gli Usa (molto limitato), ma soprattutto contro i Paesi che continuano a comprare il petrolio russo, prime fra tutte quindi la Cina e l’India.
Il primo a reagire dalle parti del Cremlino era stato l’ex presidente russo Dmitry Medvedev che aveva evocato addirittura lo spettro di un possibile scontro militare tra Russia e America. “La Russia non è Israele e nemmeno l’Iran”, aveva scritto su X Medvedev, attuale vice segretario del Consiglio di sicurezza nazionale.
“Ogni nuovo ultimatum di Trump è una minaccia e un passo verso la guerra, non tra la Russia e l’Ucraina, ma con il suo stesso Paese”, aveva aggiunto. Per poi concludere con un invito al tycoon a non incamminarsi “sulla strada di Sleepy Joe”, cioè l’ex presidente Usa Joe Biden, così chiamato dal suo successore.