ADELAIDE - Anche in questo caso, il timore è per la perdita di centinaia di posti di lavoro e per la tenuta della capacità produttiva nazionale in un settore strategico.

Nyrstar, che impiega oltre 1.400 persone tra Tasmania e South Australia, ha lanciato un appello urgente a Canberra e al governo del SA affinché forniscano “sostegno transitorio” entro poche settimane. L’amministratore delegato Matt Howell ha avvertito che lo stabilimento di Port Pirie sta perdendo “decine di milioni al mese” e non può sopravvivere senza un intervento immediato. Il sito di Hobart, strettamente legato alle operazioni di Port Pirie, è anch’esso a rischio.

La causa principale, secondo Nyrstar, è una distorsione del mercato globale causata dalla Cina, che sovvenziona l’acquisto di materie prime australiane e limita le esportazioni dei metalli lavorati, rendendo la concorrenza insostenibile per gli impianti locali.

Le similitudini con Whyalla sono evidenti: in entrambi i casi si tratta di infrastrutture industriali strategiche per la sovranità manifatturiera dell’Australia, minacciate da dinamiche internazionali sfavorevoli e bisognose di interventi pubblici per sopravvivere.

Il premier del SA, Peter Malinauskas, ha minimizzato i confronti, parlando di asset “completamente diversi”, ma ha ammesso l’importanza di mantenere una capacità nazionale di fusione. Il ministro statale per Energia e Miniere, Tom Koutsantonis, ha invece dichiarato che “questa è una questione nazionale”, invocando una risposta coordinata da parte del governo federale.

Nel frattempo, Nyrstar propone un piano da 45 milioni di dollari per riqualificare Port Pirie, chiedendo aiuto temporaneo per garantire la sopravvivenza del settore.