TEL AVIV – Una breve nota dell’ufficio del premier ha sintetizzato l’esito della riunione ristretta di martedì pomeriggio convocata da Benjamin Netanyahu sui piani per la continuazione della campagna militare nella Striscia: “L’Idf è pronto ad attuare qualsiasi decisione sarà presa dal Gabinetto di sicurezza politico-militare”.
Diverse fonti riferiscono che la riunione ristretta, durata tre ore, a cui hanno preso parte solo il premier, il capo dell’Idf, e i ministri Israel Katz (Difesa) e Ron Dermer (consigliere di Bibi e capo negoziatore) si è conclusa “con divergenze di opinioni tra la parte politica e il capo dell’esercito”.
Subito dopo, una pioggia di indiscrezioni sui media israeliani ha informato che il Primo ministro sottoporrà la decisione di occupare interamente Gaza all’approvazione del governo, probabilmente questo pomeriggio alle 18.
L’ordine “del Primo ministro è di conquistare i campi centrali della Striscia e Gaza City”, vale a dire proprio quelle aree dove l’intelligence militare ritiene che siano tenuti gli ostaggi, di cui solo 20 su 50 sarebbero ancora in vita. Zone dove finora l’esercito non ha mai colpito per non mettere in ulteriore pericolo la vita dei rapiti. Il capo di Stato maggiore Eyal Zamir - svela Ynet - “ha esposto diverse alternative e si è espresso contro l’opzione della conquista totale della Striscia, ma ha chiarito, sullo sfondo dello scontro con Netanyahu, che eseguirà qualsiasi decisione presa dai vertici politici”. Durante l’incontro preliminare con il capo del governo, Zamir ha chiarito di “non aver minacciato di dimettersi”.
Ora, il Primo ministro dovrà spiegare all’opinione pubblica perché sta agendo in contrasto con le valutazioni dell’Idf. Il suo messaggio a Israele, dicono gli analisti, potrebbe basarsi sui video shock dei rapiti Rom Breslavsky ed Evyatar David, ridotti pelle e ossa.
Sulla questione martedì sera si è tenuta una sessione speciale urgente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu a New York, con l’intervento del ministro Gideon Sa’ar e da remoto del fratello di David. In mattinata lo scontro istituzionale in atto, anche all’interno dello stesso governo, è stato colto nello scambio di post tra due ministri ‘forti’ dell’esecutivo.
“Il capo di Stato maggiore è tenuto a dichiarare che rispetterà le direttive del livello politico, anche se si decidesse di procedere alla conquista di Gaza”, ha scritto su X Itamar Ben Gvir, ministro-colono, in pressing sul premier per la cattura totale di Gaza. Poco dopo Gideon Sa’ar, favorevole invece a un accordo con Hamas e contrario alla continuazione della guerra, ha risposto: “Il capo dell’Idf è tenuto a esprimere la sua opinione alla classe politica. Non è tenuto alla subordinazione alle decisioni del governo”.
Da parte sua il capo di Tzahal ha preferito i fatti alle dichiarazioni: nella tarda serata di lunedì ha cancellato lo stato d’emergenza bellica in vigore dal 7 ottobre, che prevedeva l’estensione obbligatoria del servizio di riserva per i soldati di leva regolare di altri quattro mesi.
Che sul campo si traduce con diversi battaglioni in meno e con la presa d’atto che l’operazione ‘Carri di Gedeone’ è finita e i soldati devono riposare. Finora, in 22 mesi di guerra, l’Idf si è sempre opposto all’ampliamento delle operazioni su tutto il territorio di Gaza.
Per ragioni precise, oltre all’incolumità degli ostaggi. Ossia, il fatto che l’esercito sarebbe costretto a evacuare un milione di residenti per poter operare; la costruzione di un nuovo campo per la popolazione che richiederebbe mesi; la gestione di ogni necessità dei gazawi, che non rientra negli ambiti militari. I familiari dei rapiti hanno definito la decisone del premier sulla conquista di Gaza “una condanna a morte per i loro cari”.
Un ampliamento della guerra nella Striscia di Gaza “rischia di avere conseguenze catastrofiche per milioni di palestinesi e potrebbe mettere ulteriormente in pericolo la vita degli ostaggi rimasti a Gaza”, ha dichiarato Miroslav Jenca, assistente del Segretario generale delle Nazioni Unite per l’Europa, l’Asia centrale e le Americhe, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza.