LA VALLETTA - A quasi cinque anni dall'omicidio di Daphne Caruana Galizia, altri due degli esecutori materiali hanno confessato le loro colpe, e sono stati condannati a 40 anni di prigione. George e Alfred Degiorgio, di 59 e 57 anni, dovranno inoltre pagare le spese processuali e restituire i proventi del crimine.
I due fratelli hanno ammesso di essere i sicari che hanno studiato e realizzato il piano, che si sono procurati la bomba, l'hanno piazzata e fatta esplodere il 16 ottobre 2017.
Dopo l'elenco delle accuse e delle prove presentate dalla procura generale, l'udienza del processo nei confronti dei due è stata aggiornata per il pranzo. E i fratelli di fronte alla concreta prospettiva di due ergastoli, hanno deciso di dichiararsi colpevoli. Hanno comunque ottenuto ben pochi sconti: 40 anni di prigione, con l'ipotesi di future riduzioni per buona condotta.
Con la sentenza emessa ieri salgono a quattro i colpevoli materiali accertati. I due fratelli Degiorgio sono stati accusati da un loro complice, che ha patteggiato 15 anni di pena in cambio delle prove contro di loro.
L'inchiesta di polizia non è ancora formalmente chiusa, anche se della banda operativa sono stati arrestati anche i fornitori della bomba. Non è stata ancora fatta invece piena luce sulle connessioni e complicità a livello politico.
"Oggi non è stata fatta giustizia, è stato fatto solo un piccolo passo", ha commentato la presidente dell'Europarlamento, la maltese Roberta Metsola.
"Ora avanti con quelli che hanno ordinato e pagato l'omicidio, con chi li ha protetti e con quelli che hanno passato due anni facendo tutto il possibile immaginabile per cercare di insabbiare tutto".
Le celebrazioni a Malta per il quinto anniversario della morte sono cominciate con una messa tenuta nella chiesa parrocchiale di Bidnija, la località nel nord dell’isola in cui viveva e venne uccisa a pochi metri da casa Daphne, la scomoda blogger che aveva rivelato anche trame corruttive nel governo laburista guidato da Joseph Muscat.
Alle 15, al momento dell’esplosione comandata via sms, si è tenuto un raduno silenzioso sul luogo nella campagna in cui finì la carcassa carbonizzata dell’auto che la giornalista aveva noleggiato pensando così di sfuggire ad attentati. A partire dalle 19.30 si è poi svolta una veglia tra Parlamento e Tribunale, con la partecipazione di Roberta Metsola, davanti al memorial spontaneo eretto nel cuore della capitale, una manifestazione per chiedere giustizia per Daphne.