BERGAMO - È pronta la richiesta di giudizio immediato per Moussa Sangare, il trentenne di Suisio, nella Bergamasca, che ha accoltellato Sharon Verzeni a Terno d’Isola (Bergamo) nello scorso luglio. L’uomo è accusato di omicidio pluriaggravato.
Oltre che i futili motivi e la premeditazione, il pm Emanuele Marchisio gli contesta l’aggravante della minorata difesa per l’orario notturno, il luogo che era deserto e le condizioni della vittima, che stava ascoltando musica con le cuffiette, risultando quindi più vulnerabile a un’aggressione a sorpresa alle spalle, come quella che ha subito.
Sangare è stato fermato alla fine dello scorso agosto, un mese dopo l’omicidio della barista trentenne, grazie anche al contributo di due testimoni di origine marocchina che l’hanno riconosciuto. Era lui il giovane che il 30 luglio, come emerge dalle immagini delle telecamere, avevano incrociato in bicicletta, vicino al cimitero di Chignolo, pochi minuti prima che Sharon venisse accoltellata.
Sangare, nato a Milano il 16 novembre 1994 da una famiglia del Mali, ha precedenti per maltrattamenti nei confronti della madre e della sorella, tanto che non viveva più con loro, ma in una casa occupata. Dopo essere stato rintracciato e portato in caserma, ha confessato. Tra l’altro nella sua abitazione è stata trovata una sagoma per esercitarsi a lanciare i coltelli.
Secondo la gip di Bergamo Raffaella Mascarino, come si legge nel provvedimento con cui ha convalidato il fermo e disposto il carcere, Sangare non avrebbe alcun problema mentale.
“La lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti evidenziano uno stato mentale pienamente integro”, scrive la giudice.
Tra i comportamenti assunti dall’indagato che risultano emblematici in questo senso ci sono l’aver vagato in giro fino a incontrare il bersaglio più fragile, il correre in bicicletta lungo percorsi secondari, essere ritornato a raccogliere il berretto perso e anche le modifiche alla bici o il taglio dei capelli dopo il delitto.
Inoltre, la giudice sottolinea anche l’apparente mancanza di rimorsi, dimostrata dal fatto che la sera dopo il delitto ha partecipato a una grigliata con gli amici, e solo il giorno dopo ancora si è sbarazzato del coltello, sotterrandolo nei pressi di un argine dell’Adda, e non gettandolo nel fiume, perché voleva “avere memoria di quello che ho fatto”.