Quando nel 1907 Strindberg scrisse il dramma breve Sonata di fantasmi, la sua terza e ultima esperienza matrimoniale si era conclusa con un ennesimo fallimento. Riconosciuto, assieme a Ibsen, come uno dei padri della moderna drammaturgia scandinava, August Strindberg, ha rappresentato con le sue opere e con la sua stessa vita una feroce critica alle istituzioni sociali, in primis quella della famiglia. 
L’opera da camera Ghost Sonata, composta nel 1984 dal tedesco Aribert Reimann, non si discosta nella trama dal dramma di Strindberg, da cui ha tratto origine, che vede le aspirazioni di vita borghese di un giovane studente di buoni sentimenti frantumarsi completamente dopo un incontro casuale con Hummel, un anziano in sedia a rotelle che lo introduce in una casa misteriosa. La famiglia che vi abita è, a dir poco, disfunzionale: qui troviamo una donna-mummia che vive da decenni in un armadio e parla con la voce di un pappagallo, un colonnello caduto in disgrazia per debiti, una cuoca-vampira e una sfuggente fanciulla. Niente è come sembra, ma subito appare chiaro che c’è del marcio e che la vita in famiglia è fatta di segreti, inganni, menzogne e disperazione.
Portata in scena da Opera Australia, dopo il debutto a Sydney, l’opera da camera Ghost Sonata approda al Malthouse Theatre di Melbourne per quattro date, dal 25 al 28 settembre, per la regia di Greg Eldridge. 
“La trama è davvero contorta, mi ha fatto venire gli incubi!”, ride il tenore Virgilio Marino, nei panni di Johansson, il servo di Hummel, il quale cerca di mettere in guardia lo studente sulle macchinazioni dell’anziano. E neanche la musica segue i canoni lineari e armoniosi dell’opera tradizionale: l’orchestra stabilisce una densa rete di brevi motivi senza che nessuno diventi mai una linea melodica riconoscibile. “Trattandosi di una composizione atonale - spiega Marino -, l’orchestra rappresenta più un contrappunto dissonante che non un accompagnamento al canto”. 
D’altronde Marino considera uno dei punti di forza di Opera Australia, e quindi del suo direttore artistico Lyndon Terracini, la scelta di presentare un programma operistico eclettico e di introdurre anche composizioni moderne.
“Essendo un’opera da camera - prosegue il tenore -,  l’atmosfera è molto più raccolta. È un’esperienza incredibilmente intima: il pubblico è più vicino al palcoscenico e si sente maggiormente coinvolto”.
Anche l’allestimento scenico farà presa sul pubblico, come afferma Marino: “C’è un enorme specchio che stravolge continuamente la prospettiva degli spettatori in sala, mentre l’intero apparato scenografico, sempre a cura di Emma Kingsbury, si rifà per toni cromatici ed evocativi al famoso quadro di Böcklin L’isola dei morti, che era molto in voga in Svezia ai tempi di Strindberg”. 
Anche la storia personale di Virgilio Marino sembra tratta da un’opera, sebbene dai risvolti decisamente più positivi. I suoi genitori, entrambi di origine calabrese, si sono conosciuti e innamorati sulla nave che li avrebbe portati in Australia, ma uno a Sydney e l’altra a Canberra. Il padre di Virgilio non perse tempo e si precipitò subito nella capitale australiana per corteggiare la futura moglie.
Cresciuto a Sydney, durante gli anni dell’adolescenza Virgilio preferiva dedicarsi alla musica pop, ma ha virato verso la lirica quando ha visto per la prima volta la formazione dei Tre Tenori, composta da Plácido Domingo, José Carreras e Luciano Pavarotti. 
Dopo gli studi al conservatorio di Sydney, e poi a New York, Milano e Londra,  Marino ha debuttato nel ruolo del Duca di Mantova in una produzione del Rigoletto a Ratisbona in Germania, ma il suo sogno è di un giorno vestire i panni di Faust.
SUSANNA BURCHIELLI