BUENOS AIRES - “Non era la mia strada. Sono un ingegnere industriale e ho sempre lavorato in aziende legate alle risorse energetiche,” racconta Vito Sardella, fondatore di Paese dei Sapori, un pastificio che oggi produce anche cantucci e taralli, seguendo rigorosamente la tradizione italiana. 

Figlio di genitori originari della Campania e della Puglia – il logo dell’azienda ritrae infatti i trulli di Alberobello, in omaggio alle radici paterne di Fasano (Brindisi) – Vito è nato a Buenos Aires, dove la famiglia si era trasferita temporaneamente, per poi rientrare a Napoli, dove è cresciuto. Durante l’adolescenza è tornato in Argentina, e da allora ha vissuto tra i due Paesi. 

La sua ultima esperienza professionale, prima di questo radicale cambio di vita, è stata in Repsol, colosso spagnolo dell’energia, dove ricopriva il ruolo di direttore per l’area responsabile della commercializzazione di gas naturale e Gnl in Sud America e nei Caraibi. “Un bagaglio importante – spiega – che mi ha dato l’esperienza nella gestione di realtà complesse”. 

Uno dei progetti di cui va più fiero è l’acquisto della prima nave di rigassificazione attraccata nel porto di Bahía Blanca, nel 2007.

“Fu un inverno particolarmente rigido, nevicò perfino a Buenos Aires – ricorda –. Il sistema del gas domestico rischiava il collasso. Un’interruzione totale del servizio sarebbe stata gravissima, perché il ripristino non è immediato e comporta seri rischi di incidenti.” 

Con la stessa determinazione che lo guidava nel settore energetico, oggi Vito mostra con entusiasmo le fasi di produzione della sua pasta.

“I nostri sono prodotti italiani. Non mi piace usare parole come ‘genuini’ o ‘veri’ – precisa – ma in Argentina ci sono pochissimi prodotti che seguono davvero gli standard italiani. Quasi tutti sono adattati al gusto locale”. 

La sua missione è diversa: portare in tavola un prodotto che sia italiano nel senso più profondo. “Se la pasta è davvero italiana, non ha bisogno di aggettivi. È italiana, e basta.” 

Paese dei Sapori nasce grazie a un’opportunità fortuita. Vito fu coinvolto da un imprenditore italiano che cercava di vendere i macchinari di un pastificio fallito a investitori argentini. Quando questi ultimi si tirarono indietro, fu proposto a lui e al socio di allora, Mauro Giacometti, di rilevare l’attività. Accettarono la sfida, anche se Mauro successivamente intraprese un’altra strada. 

Il primo test fu una piccola produzione di paccheri, che Vito presentò a una fiera a Mar del Plata per testare l’accoglienza del pubblico. Tra difficoltà tecniche e divergenze con il socio, riuscì comunque a far crescere il progetto, imparando passo dopo passo un mestiere totalmente nuovo. 

La pasta di grando duro di Paese dei Sapori.

Oggi, il pastificio segue una filiera di alta qualità: utilizza esclusivamente semola di grano duro di primissima scelta, prodotta da sole due aziende in Argentina. Molte delle trafile sono in bronzo – a seconda del formato – e il forno, importato dall’Italia, è firmato La Parmigiana. Il processo di essiccazione è lento e controllato, e l’ultima fase prevede un getto d’aria compressa che elimina ogni residuo di semola prima del confezionamento. 

L’assortimento è ampio: penne, tagliolini, spaghetti, fusilli, mafalde, conchigliette e conchiglioni per pasta ripiena. Ci sono anche versioni tricolore e al nero di seppia, con un tono intenso dovuto all’uso generoso dell’ingrediente. 

La dimensione dello stabilimento, inizialmente sovradimensionata, si è rivelata una risorsa: Vito ha iniziato a diversificare la produzione. Oggi Paese dei Sapori è anche un panificio, con taralli napoletani, taralli pugliesi e cantucci toscani. 

Sempre attento alle nuove tendenze, sta sperimentando anche una linea di pasta a base di legumi, per intercettare nuove nicchie di mercato, in questo caso chi non può o non vuole consumare glutine. E per ampliare ulteriormente la gamma, ha avviato l’importazione di pappardelle dalla Calabria. “Saranno vendute con il nostro marchio, ma con l’indicazione di origine. In questo modo il cliente potrà confrontare la pasta importata con quella prodotta qui. Sono sicuro che la qualità è la stessa.” 

E conclude con convinzione: “È una sfida, un rischio commerciale, ma ho la certezza che il mio pastificio sia all’altezza.”