Una ricerca per comprendere le cause dello spopolamento dei centri dell’interno della Basilicata. E cercare strategie per combattere questo fenomeno.

Lo studio è stato commissionato dalla Regione Basilicata all’Università di Salerno con il Cnr-Ismet (Istituto di Studi sul Mediterraneo). Obiettivo: comprendere quali sono le azioni da mettere in campo per invogliare i residenti – soprattutto i giovani – a non lasciare questa terra stupenda che purtroppo si sta spopolando anno dopo anno.

Tra il 2011 e il 2021 si è perso il 6,4 per cento dei residenti: di questo passo, nel 2070, la perdità sarà del 41,2 per cento. Con tutto quello che ne consegue a livello di degrado del territorio e perdite economiche. 

“Ci siamo chiesti quali sono i fattori socio-culturali, motivazionali ed emotivi che spingono le persone a vivere in Basilicata, ad andarsene ed eventualmente a tornare” spiega Anna Capezzuto, responsabile della ricerca.

Iniziative come la vendita di case a 1 € o la novità del turismo delle radici possono essere “cure palliative”, ma non risolutive contro il fenomeno dello spopolamento.

“Che si contrasta con la creazione di un contesto che sia attraente per restare a vivere stabilmente, magari portando la famiglia” dice Andrea Zanfardino, altro ricercatore coinvolto nello studio.

La ricerca è condotta con un metodo misto: qualitativo (interviste in profondità, focus group) e quantitativo, attraverso questionari con campione a palla di neve (cioè chiedendo a istituzioni, associazioni e privati di diffonderlo nel loro intorno e invitare amici e conoscenti a partecipare).

Abbiamo scelto di indagare cinque target diversi, tra cui i lucani che vivono all’estero, nativi e di seconda e terza generazione.

“Il primo target è costituito da pensionati che da giovani avevano abbandonato la Basilicata e sono attualmente residenti in aree degradate delle grandi città, come Torino, Milano, Bari, Napoli – dice Capezzuto –. Poi gli studenti fuori sede, per capire se torneranno e gli studenti delle Università di Matera e Potenza, per capire se hanno intenzione di restare o andarsene una volta laureati”.

Il quarto target è formato da stranieri che hanno scelto i borghi lucani per viverci per capire cosa li attrae.

Infine, i lucani emigrati all’estero. Per raccogliere informazioni su questo gruppo abbiamo preparato un questionario, non potendo raggiungerli fisicamente a uno a uno – dice Zanfardino –. Il questionario è disponibile in tre lingue (italiano, inglese e spagnolo) ed è completamente anonimo. Ovviamente non ha nessun fine commerciale”.

Quali sono le prime impressioni? “Nei lucani è molto forte il desiderio di riavvicinarsi alle cose semplici e agli affetti familiari, ai rapporti di vicinato, i ritmi lenti e il cibo genuino – dice Capezzuto –. Pesa anche il costo della vita più contenuto”. Fattori respingenti sono invece le scarse opportunità lavorative (a meno che non si tratti di un’attività possibile da remoto) e l’assenza di infrastrutture, con la difficoltà a raggiungere altre zone d’Italia.

L’invito a partecipare sulla pagina Instagram della ricerca.

Per concludere la ricerca manca ancora la comunità lucana nel mondo. Chi – nativo o discendente di migranti lucani – vuole collaborare, può rispondere al questionario (scegliendo tra italiano, spagnolo e inglese).

Il questionario viene compilato in anonimo e i dati sono trattati per garantire la massima riservatezza.