In quell’ultimo abbraccio, quando le parole si fanno leggere e lo sguardo cerca un senso in ogni respiro, c’è bisogno di un gesto che accompagni, che spieghi senza ferire, che sostenga senza invadere. È da questa premessa profondamente umana che nasce il progetto Dignified and Respectful Decisions di Palliative Care Victoria, pensato per le famiglie delle comunità multiculturali.

Il progetto si è evoluto di recente con la pubblicazione di una serie di libretti informativi in 11 lingue diverse – tra cui anche l’italiano –, Being Prepared as a Family Decision-Maker, che guidano passo dopo passo coloro che si trovano ad affrontare decisioni difficili accanto a un familiare che si avvia verso gli ultimi passi della sua vita.

La struttura delle risorse è pensata per accompagnare le famiglie attraverso quattro fasi fondamentali: “essere preparati”, per comprendere i desideri del proprio caro e affrontare emotivamente ciò che verrà; “collaborare”, per stabilire un dialogo autentico con lo staff medico e garantire cure di qualità; “prendere decisioni”, per chiarire i ruoli e rispettare la volontà del paziente; “cure di fine vita”, per comprendere la natura delle cure palliative e affrontare anche il dolore del distacco.

I libretti informativi sono stati presentati pubblicamente al Darebin Arts Centre alla presenza di centinaia di ospiti e rappresentanti di nove diverse comunità linguistiche.

A guidare e curare con passione il progetto è stata anche Tonina Gucciardo-Masci, community engagement manager di Palliative Care Victoria, da sempre impegnata nel dialogo con i diversi gruppi multiculturali dello Stato. Il suo ruolo si basa sulla presenza, sulla conoscenza profonda delle comunità, sulla pazienza nel ristabilire legami, nel creare la fiducia e nel costruire approcci culturalmente adeguati.

“Sto lavorando con ogni comunità per capire come promuovere il progetto. È un processo lento: bisogna ristabilire i contatti con tutte le organizzazioni e trovare il modo più culturalmente adatto per ognuna di esse”, ha detto.

Alcuni rappresentanti della comunità italiana presenti. Da sinistra: Lilian Antonelli, Sauro Antonelli e Mariella Di Fabio

Con lucidità e delicatezza, Gucciardo-Masci affronta i tanti malintesi che ancora circondano le cure palliative, specialmente in contesti culturalmente sensibili: “C’è sicuramente l’idea che le cure palliative siano solo per gli ultimi momenti della vita, ma in realtà noi le consideriamo come un modo per garantire qualità della vita, alla fine della vita”. 

Un percorso, infatti, che è possibile iniziare dalla diagnosi: “Le cure palliative adottano un approccio più olistico: non si concentrano solo sull’aspetto clinico, ma anche su quello fisico, emotivo, spirituale. Si cerca di garantire alle persone il miglior addio possibile”.

In molte comunità multiculturali, inclusa anche quella italiana, esiste ancora l’idea – errata ma diffusa – che tali trattamenti accelerino il percorso verso la morte: “Molti non ne comprendono il lato clinico – aggiunge –. Il progetto è nato proprio per aiutare le persone ad affrontare quei momenti difficili, specialmente quando i propri cari non sono più in grado di prendere decisioni. E anche per incoraggiare a pianificare in anticipo, così da rispettare i desideri dei pazienti durante la fase palliativa della vita”.

L’impegno di Gucciardo-Masci affonda le radici in un vissuto personale fatto anche di perdite, elaborazione del lutto e profonda comprensione: “Credo che, dopo aver affrontato certe situazioni, si riesca a parlarne più facilmente – racconta –. Le mie esperienze di vita mi hanno dato una certa capacità di comprensione; so quanto possa essere difficile. Però, penso anche che sia una parte fondamentale della vita”.

Nata a Melbourne da genitori siciliani – Giuseppe e Carmela, originari di Calatafimi, in provincia di Trapani –, Gucciardo-Masci è cresciuta comprendendo davvero cosa significhi avere alle spalle un background multiculturale in Australia.

I suoi genitori vissero un amore epistolare durato sette anni – sua madre era ancora troppo giovane per impegnarsi in una relazione e suo padre decise di lasciare la Sicilia per raggiungere uno zio a Melbourne e cercare di costruire un futuro più sereno. Dopo dozzine di lettere e un amore rimasto immutato di fronte allo scorrere del tempo, fu sua madre a salire su una nave da sola, a 22 anni, per raggiungere l’uomo che amava e sposarlo in Australia, nel 1962. “Erano anime gemelle. Sarebbero finiti insieme a prescindere, in qualsiasi parte del mondo”.

Cresciuta nei sobborghi orientali di Melbourne, tra la piccola officina di fabbri del padre e le cure amorevoli della madre, Gucciardo-Masci ha prima ottenuto una laurea in Sociologia e Italiano, per poi dedicare la sua carriera al lavoro multiculturale, alla ricerca, alla formazione e allo sviluppo di servizi culturalmente inclusivi.

“Già negli anni ‘80, quando mi sono laureata, avevo iniziato a occuparmi delle necessità dei migranti italiani in Victoria – ricorda –. Era la strada che sentivo mia e che dovevo perseguire”.

E oggi ancora, attraverso l’impegno sulle cure palliative, resta intatta quella motivazione originaria: dare voce, senso e dignità alle scelte più difficili.

“Credo davvero che sia una conversazione importante da avere all’interno della comunità. Parlare di morte e di fine vita significa essere preparati e, in fondo, cercare di vivere il miglior addio possibile. È quello che vogliamo per noi stessi: avere voce in capitolo, avere autonomia”.