MONTEVIDEO – Consigli culinari, informazioni sui prodotti italiani di alta qualità, tradizioni gastronomiche toscane e sfide. Prima fra tutte, la difficoltà di cucinare per una squadra di calciatori. Quelli della Fiorentina, di cui Duccio Pistolesi è chef ufficiale.
Il cuoco ha condiviso un po’ della sua esperienza durante la master class Pani tipici italiani. Un’iniziativa organizzata dall’Ambasciata italiana a Montevideo nell’ambito della Settimana della Cucina Italiana in Uruguay e che si è svolta al Centro de Industriales Panaderos de Uruguay (CIPU), storica istituzione, fondata il 30 de giugno 1887.
Lo chef Pistolesi ha condotto la presentazione davanti a un numeroso pubblico, composto non solo di fornai, ma anche di studenti, casalinghe, esperti di altre specialità culinarie e semplici curiosi. Nella master class – che è stata aperta dai saluti del presidente del CIPU, Jorge Fernández, e dell’Ambasciatore italiano, Fabrizio Petri – lo chef ha fatto una dimostrazione di due ricette: il pan di ramerino (parola fiorentina per indicare il rosmarino) e la schiacciata di semola.
Pistolesi non si è accontentato di spiegare le ricette e dare suggerimenti tecnici per un’ottima realizzazione. Ha condito le preparazioni, raccontando le tradizioni toscane: dall’usanza tutta fiorentina di mangiare il pan di ramerino il Giovedì Santo, all’assenza di sale nel pane toscano.
“Il pane della Toscana non ha sale, se mai ci andrete è qualcosa che vi sorprenderà dal primo morso” ha spiegato Pistolesi, per poi illustrare la ragione di questa preparazione, che risale alla storica rivalità tra Pisa e Firenze.
Lo chef ha raccontato che, nel XII secolo, i pisani (che allora avevano un porto, successivamente interratosi per cause naturali) impedirono ai fiorentini di approvvigionarsi, bloccando le forniture di sale. A Firenze, i cittadini, invece di arrendersi, iniziarono a produrre pane senza sale.
Per quanto riguarda l’alimentazione sportiva, in questo momento sta prendendo piede quello che Pistolesi ha definito “il cammino della performance”, ovvero un tipo di nutrizione in cui le prestazioni sono l’obiettivo principale.
“Molti, come me, stanno diventando chef performance – ha affermato Pistolesi –. Significa che ci specializziamo nei prodotti, lavorando con lo staff medico, per preparare un menù in base al tipo di allenamento studiato per quel determinato sportivo”.
Le “cavie” sono i cuochi stessi, come rivela Pistolesi: “Io e il mio team facciamo la prova sui noi stessi. (...) È importante, quando si progetta un menù focalizzato all’allenamento, fare tante prove”.
Lo chef ha condiviso anche le difficoltà incontrate quando lavora in trasferta, anche in Paesi vicini all’Italia, dove però non è così facile trovare i prodotti italiani di qualità per poter cucinare ai calciatori i piatti tradizionali della loro terra. “Come chef portiamo il valore della cucina mediterranea, portiamo i nostri prodotti in giro per il mondo – dichiara –. Qui in Uruguay siete fortunati, è possibile trovare prodotti importati dall’Italia, ma non succede lo stesso in tutta Europa”.
A Montevideo si è ambientato fin da subito: “È bello per noi venire qui (Uruguay e Brasile), perché si trovano alcune tradizioni che gli immigranti italiani hanno portato e mantenuto qui, ma che in Italia non esistono più. Sono le cose belle del viaggiare e del fare esperienze come questa”. E ha raccontato quando, in una cena a Montevideo, gli è stata offerta una fainá (farinata) che in Toscana viene chiamata “cecina”, aggiungendo che “qui mi sento come a casa”.