BUENOS AIRES – Durante le festività natalizie, sulle tavole argentine compaiono dolci che, pur somigliandosi nella forma o nella funzione simbolica, raccontano storie e tradizioni molto diverse.  

È il caso di panettone, pandoro e pan dulce: tre lievitati legati al Natale, che si inseriscono nella tradizione italiana, spesso messi a confronto, ma profondamente differenti per origine, ingredienti e significato culturale. 

Il panettone: il Natale italiano per eccellenza 

Il panettone nasce a Milano ed è oggi uno dei simboli più riconoscibili del Natale italiano nel mondo. 

È un grande lievitato a base di farina, burro, uova, zucchero e lievito madre, arricchito tradizionalmente con uvetta e scorze di agrumi canditi. La sua preparazione è lunga e complessa: richiede più fasi di impasto e lievitazione, che gli conferiscono una struttura soffice e alveolata.  

L’origine del panettone è un affascinante intreccio di fatti storici e leggende, in cui realtà documentata e narrazione popolare si sovrappongono. 

Le radici del panettone affondano nel Medioevo, quando a Milano si diffuse l’abitudine di preparare, in occasione del Natale, un pane di frumento arricchito, più prezioso del pane quotidiano. In un’epoca in cui il pane bianco era riservato alle classi più abbienti, questo “pane speciale” rappresentava un momento di festa e abbondanza. 

La versione più popolare e romantica dell’origine del panettone è la leggenda del “pan de Toni”. Secondo il racconto, alla corte di Ludovico il Moro, in pieno XV secolo, il cuoco di palazzo avrebbe bruciato il dolce preparato per il banchetto di Natale. A salvare la situazione sarebbe stato Toni, un giovane aiutante di cucina, che propose un pane dolce preparato con ciò che aveva a disposizione: farina, burro, uova, zucchero e uvetta. 

Il dolce ebbe un tale successo tra i commensali che venne chiamato in dialetto milanese “el pan de Toni”, da cui, secondo la tradizione, deriverebbe il nome “panettone”. 

Il pandoro: idea geniale a forma di stella 

Originario di Verona, il pandoro rappresenta un’altra grande tradizione dolciaria italiana. A differenza del panettone, non contiene canditi né uvetta: il suo impasto è più semplice, ma estremamente soffice. 

Viene servito spolverato con zucchero a velo e spesso farcito o accompagnato da creme, come quella al mascarpone o allo zabaione. In Argentina, essendo estate, gli chef italiani lo propongono anche abbinato al gelato. 

Una porzione di pandoro con gelato di Raggio Osteria, ristorante italiano a Buenos Aires.

Il pandoro è il risultato dell’invenzione consapevole di Domenico Melegatti, ambizioso pasticcere che sperimentò nuove tecniche di lavorazione e conservazione dei prodotti dolciari. Nel 1894, decise di creare un dolce pensato appositamente per le feste, adatto alla vendita per corrispondenza, difficile da replicare in casa, dal gusto universale e dall’aspetto elegante.  

Si ispirò al tradizionale dolce veronese chiamato levà, preparato la notte della Vigilia, ma eliminò frutta secca e uvetta, puntando su una lavorazione complessa, che richiede 36 ore, sette impasti e lunghe lievitazioni, per ottenere una consistenza estremamente soffice.  

Il risultato è un prodotto irresistibile dalla forma unica, disegnata dall’artista Angelo dell’Oca Bianca - una piramide tronca con base a stella a otto punte - venduto insieme alla bustina di zucchero a velo, evocazione simbolica delle montagne innevate del Natale europeo, e confezionato in un imballaggio studiato per il trasporto. 

Il pan dulce: l’anima natalizia dell’America Latina 

Il pan dulce è oggi uno dei simboli più riconoscibili del Natale argentino, insieme a sidro e spumante, immancabile sulle tavole delle feste, dove è arrivato grazie all’emigrazione italiana tra XIX e XX secolo. 

Tra il 1870 e il 1930 milioni di italiani emigrarono in Argentina, portando con sé non solo la lingua e le tradizioni, ma anche le ricette del Natale. Tra queste c’era il pandolce genovese, che inizialmente veniva preparato in casa, in modo artigianale, all’interno delle comunità di immigrati.  

Il pan dulce è il riflesso della cultura ibrida dei quartieri popolari. Con il tempo, così come avvenne con la pizza, i panifici (gestiti prevalentemente da immigrati spagnoli), adottarono la ricetta al contesto locale. 

Le materie prime disponibili, i costi e le preferenze del pubblico portarono a una maggiore varietà di ingredienti e consistenze. Accanto alla versione classica con frutta candita e uvetta, iniziarono a diffondersi varianti con frutta secca, gocce di cioccolato, glassature, ripieni di crema o dulce de leche.  

Il pan dulce alla frutta secca del ristorante Pertutti.

Nel corso del Novecento, con la crescita dell’industria alimentare argentina, il pan dulce passò progressivamente dalla produzione domestica a quella industriale. La lievitazione è meno complessa, spesso presenta una cupola più bassa e una struttura leggermente più compatta, ricoperta da una grande quantità frutta secca e glassa.

Oggi il pan dulce non è semplicemente una “variante” del panettone, ma un dolce con una identità propria, profondamente argentina. È legato alla memoria dell’immigrazione, al Natale estivo dell’emisfero sud e al rito collettivo delle feste di fine anno.