La reazione ha fatto seguito alla previsione che gli stati della costa sud-orientale, Victoria in testa, si preparano a fare i conti con allarmanti carenze.

Un deputato laburista del Western Australia, a capo dell’inchiesta sulle linee guida di approvvigionamento di gas per il suo stato, ha espresso un commento negativo rivolto al governo del Victoria per la sua opposizione allo sviluppo dell’industria del gas.

Peter Tinley ha affermato che non ha senso che gli stati vietino la pratica dell’estrazione tramite fratturazione idraulica (fracking) volta sviluppare riserve di gas, mentre ricorrono all’importazione di forniture gas ottenuto da qualche altra parte utilizzando lo stesso metodo.

Con una legge, il Victoria ha vietato il fracking dal 2017.

“Trovo ironico che alcune giurisdizioni vietino il fracking, per poi finire con l’importare gas ottenuto con il fracking. Lo trovo insensato", ha detto Tinley nel corso della conferenza Australian Domestic Gas Outlook tenuta a Sydney.

Queste osservazioni si collegano alle previsioni fatte la scorsa settimana a riguardo di una allarmante carenza di gas che si manifesterà negli stati dell’est e del sud, come il Victoria, a partire dal prossimo inverno.

Nel suo ultimo rapporto sulla situazione dell’industria del gas negli stati orientali, lo Australian Energy Market Operator (AEMO) ha lanciato l’allarme avvertendo che le carenze potrebbero diventare più pronunciate nel 2026 e, poi, strutturali entro il 2028.

Al centro delle allarmanti previsioni viene identificata la chiusura programmata per il 2028 di gran parte della capacità dell’impianto di gas di Longford, Victoria, gestito dal colosso energetico statunitense ExxonMobil.

La produzione dell’impianto diminuirà rapidamente alla fine del decennio in quanto per quella data le riserve di gas dello Stretto di Bass si saranno esaurite.

“Tutti gli scenari identificano l’urgente necessità di nuovi investimenti per garantire l’adeguatezza dell’offerta”, afferma l’AEMO nel suo rapporto.

L’apparente paradosso si materializza nel quadro che vede l’Australia come uno dei maggiori esportatori di GNL al mondo, quasi l’80% della sua produzione viene inviata oltremare o utilizzata nel processo di produzione.

Il punto nodale del problema risiede nel fatto che la maggior parte della produzione di gas avviene nel Queensland, mentre gli altri stati della costa sud-orientale non contribuiscono all’estrazione pur avendone un forte bisogno durante i mesi invernali, Victoria in testa.

A stime fatte risulta più costoso realizzare un gasdotto che colleghi il Queensland agli stati più a sud che  importarlo con le navi serbatoio per poi stivarlo in un ipotetico terminal galleggiante.

Jane Norman, responsabile della società di esplorazione di petrolio e gas Cooper Energy con sede ad Adelaide, ha detto che “non riesce a credere che il paese rimanga così rilassato” riguardo all’idea di dover importare GNL.

Norman ha detto che l’Australia ha abbondanti riserve proprie e dovrebbe dare priorità al loro sviluppo.

“La sicurezza energetica è sicurezza nazionale - ha affermato Norman -. Non posso credere che siamo così rilassati nel rinunciare alle nostre catene di fornitura del settore dell’edilizia e delle costruzioni, alle nostre catene di fornitura di produzione alimentare e nel diventare dipendenti dalle importazioni.”

“Soprattutto nell’attuale contesto in cui si vedono molte rotte marittime internazionali a rischio”.